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La Sclerosi Multipla dopo Charcot: progressi lenti

Articolo preso da www.fondazioneserono.org

Come si è detto nella prima puntata di questa breve storia della sclerosi multipla, le persone affette da questa malattia hanno contribuito a sviluppare la conoscenza dei suoi aspetti clinici, vale a dire segni, sintomi ed evoluzione nel tempo, tanto quanto i medici e gli scienziati che se ne sono occupati. In epoche nelle quali gli strumenti di diagnosi erano molto più rudimentali di quelli oggi disponibili, un racconto dettagliato dello sviluppo della malattia e dell’evoluzione dei suoi segni e dei suoi sintomi era una preziosa fonte di informazioni.

Circa un secolo dopo Augusto d’Estè, Bruce Frederick Cummings ha raccontato, in un diario, l’evoluzione della forma progressiva di sclerosi multipla dalla quale era affetto e che ne ha provocato il decesso nel 1919, dodici anni dopo la comparsa dei primi sintomi. Cummings usò lo pseudonimo di W.N.P. Barbellion per firmare la storia della sua malattia, che si manifestò quando aveva diciotto anni. Nelle pagine del diario egli racconta gli episodi ricorrenti di intorpidimento e debolezza degli arti o di vertigini (giramenti di testa), la depressione e i problemi di vista. Annota resoconti e commenti sugli incontri avuti con medici che gli prescrivono cure che percepisce come inefficaci. Riferisce anche di avere provato cure convenzionali e anche trattamenti e supporti alternativi, come succede anche oggi ad alcuni malati delusi dai risultati della cure della medicina ufficiale, Si era rivolto infatti all’omeopatia e alla Chiesa della Scienza Cristiana, fondata da Mary Baker Eddyma nel 1879 e che si proponeva di ottenere la guarigione delle malattie attraverso la un supporto e una guarigione spirituale. Tutti questi approcci si rivelarono infruttuosi e, dopo tanto peregrinare, nel suo diario annota: “…potrei scrivere un volume sui medici che ho conosciuto e sulle cantonate che hanno preso con me”. A peggiorare il suo malessere contribuisce in maniera decisiva il non capire cosa stia succedendo al suo organismo. Quando finalmente viene visitato da un neurologo famoso a quei tempi nel suo Paese, l’Inghilterra, si sente scrutato, indagato e sottoposto a domande che lo lasciano interdetto, come una riguardante i suoi rapporti con le donne. Com’è sempre accaduto ai malati di sclerosi multipla, nel passato come ai giorni nostri, egli trova però le risorse di motivazione e speranza per fare scelte positive. Si sposa, ma non mette al corrente la moglie della malattia dalla quale è affetto, d’altra parte non sa ancora di che patologia si tratti perché nessuno ha formulato una diagnosi precisa, neanche il noto neurologo che lo ha visitato. Il modo in cui egli ne viene a conoscenza ha dell’incredibile: nel leggere la cartella relativa alla valutazione che lo ha escluso dal servizio militare legge la diagnosi di sclerosi disseminata. Si può immaginare il trauma che la notizia e il modo in cui l’apprese abbiano provocato in lui e questo trauma forse spiega il perché Bruce Cummings, nel suo diario, lascia sempre in bianco la definizione della diagnosi, anche dopo esserne venuto a conoscenza e averne approfondito la conoscenza su testi scientifici. Rispecchiando alcune delle ipotesi che all’epoca si formulavano circa la causa della sclerosi multipla, racconta nel suo diario di “sentire” dei batteri che “rosicchiavano” il suo midollo spinale, provocandogli una paralisi progressiva. Mostrando un altro comportamento comune a tante persone affette da sclerosi multipla, o da malattie altrettanto gravi o più gravi, Bruce Cummings adegua le sue priorità alla condizione nella quale si trova e nelle pagine del diario traccia bilanci degli anni vissuti che valorizzano gli aspetti positivi della vita fra i quali l’amore, il matrimonio e la vita in famiglia. A causa del peggioramento della disabilità, Bruce Cummings, a 28 anni e dopo dieci di malattia, deve abbandonare il suo lavoro. Due anni dopo, alla sua morte, lascerà il suo diario intitolato “Il giornale di un uomo deluso”, che alcuni autori hanno definito come un’espressione di genio letterario e scientifico basata sulla capacità di studiare se stesso e i fenomeni biologici che riguardavano il suo corpo con sensibilità e distacco, nonostante quello che descriveva fosse per lui causa di sofferenze. La forza, il coraggio e la lucidità dimostrati da Bruce Cummings sono le stesse che tanti malati di sclerosi multipla hanno ogni giorno nell’affrontare la malattia. Le difficoltà con le quali si è scontrato sono state ancora maggiori perché all’epoca si era agli albori della conoscenza della malattia e mancavano strumenti di diagnosi e cure efficaci, anche se va detto che, per una forma progressiva come quella che lo aveva colpito, ancora oggi, purtroppo le terapie non sono efficaci come per le forme recidivanti remittenti di sclerosi multipla.

Quando Bruce Cummings manifesta i primi sintomi della sua malattia, nel 1907, sono passati quasi quarant’anni dalle famose letture di Jean-Martin Charcot, che di fatto definirono la sclerosi multipla o, come la chiamò lui, la sclerosi disseminata. Come mai quindi un malato dei primi del novecento aveva ancora tante difficoltà a ricevere una diagnosi di sclerosi multipla? Le lezioni di Charcot e le pubblicazioni che le divulgarono presso la comunità scientifica stimolarono ulteriori approfondimenti e studi da parte di medici e ricercatori di molti paesi nel mondo. Le riviste riportavano con sempre maggiore frequenza casi di sclerosi multipla, che in generale poco aggiungevano alle conoscenze degli aspetti clinici della malattia. Forse l’unico progresso importante consisteva nella tendenza a formulare la diagnosi più presto, rispetto al passato, ma non sempre, vista l’esperienza raccontata da Bruce Cummings. Questo fervore scientifico, però, non necessariamente si traduceva in benefici per i malati, per vari motivi. Continuava ad esserci una certa confusione nella diagnosi perché, da una parte c’era chi applicava i criteri di Charcot tanto rigidamente da escludere dalla diagnosi molti malati che non rispondevano completamente a quelle caratteristiche, dall’altra alcuni attribuivano alla malattia segni e sintomi e cause fantasiosi e generici, diagnosticandola anche in chi non l’aveva. A tutto questo si aggiungeva la mancanza di cure che avessero almeno una parvenza di efficacia. Alcuni anni dopo le lezioni di Charcot, nel 1872, William Alexander Hammond, personalità del mondo medico statunitense, cura la sclerosi multipla con: cicli ripetuti di cloruro di bario, ferro, estratto di una pianta chiamata Hyoscyamus, stricnina, nitrato d’argento e olio di fegato di merluzzo. A questi prodotti raccomanda di aggiungere due bicchieri di vino al giorno ed un’attività fisica moderata. Inoltre, somministra per via sottocutanea atropa belladonna (un altro principio estratto da erbe) con lo scopo di ridurre la frequenza delle contrazioni muscolari dovute alla malattia. Un protocollo di cura complesso, ma che influiva per nulla o molto poco sul decorso della malattia.

Nel frattempo giungevano nuove proposte di classificazione e inquadramento della malattia. Ad un altro medico statunitense, Allan McLane Hamilton si deve la descrizione di tre stadi della malattia: un primo stadio di episodi ricorrenti di sintomi fra i quali debolezza agli arti, difficoltà di equilibrio e di parola, un secondo stadio con rigidità e contrazioni anomale dei muscoli di braccia e gambe e uno stadio finale nel quale si associano alterazioni del funzionamento della vescica e dell’intestino a problemi mentali maggiori. Questa descrizione si riferisce ovviamente ad una forma della malattia ad andamento progressivo. A un medico francese, Pierre Marie, vissuto a cavallo fra XIX e XX secolo, si deve invece una proposta di classificazione delle diverse forme di sclerosi multipla in base all’andamento: progressiva cronica, remittente cronica e soggetta a marcati miglioramenti o apparenti guarigioni, definizioni che precorrono in qualche modo la moderna classificazione nelle forme: clinicamente isolata, recidivante remittente e progressiva.

Negli ultimi decenni dell’ottocento progrediscono anche le conoscenze sui danni provocati dalla sclerosi multipla alle strutture del sistema nervoso e sulle relazioni fra queste alterazioni e i segni clinici della malattia. Fra gli esperti di maggior spicco di quell’epoca c’è James Dawson che, nonostante una vita difficile ed avventurosa e una grave forma di tubercolosi che lo affliggeva, pubblica una serie di importanti osservazioni sulla sclerosi multipla. Le sue principali osservazioni sono che:
Si trattava di un’infiammazione disseminata nel cervello e nel midollo spinale.
Non c’erano basi per suddividerla in forme primarie o secondarie (vale a dire provocate da altre malattie).
Verosimilmente era provocata da un agente esterno come una tossina (prodotto dei batteri che danneggia l’organismo, n.d.r.).
Questo agente entrava solo in alcune aree del sistema nervoso per alterazioni dei vasi sanguigni locali.
Un qualche recupero era dovuto ad altri processi.
I danni al cervello provocavano alterazioni mentali.
I sintomi potevano essere correlati alle sedi delle lesioni.



E’ interessante notare come in queste osservazioni si ritrovino alcuni concetti vicini a conoscenze che si sarebbero acquisite in seguito, con strumenti di indagine molto evoluti, e altri che sarebbero stati superati nei decenni successivi, ma erano verosimili all’epoca, sulla base delle evidenze disponibili. Lo stesso si può dire per le conclusioni del Congresso annuale dell’Associazione per la Ricerca sulle Malattie Nervose e Mentali (Association for Research In Nervous and Mental Disease: ARNMD) tenutosi a New York nel 1921:
La sclerosi multipla colpisce prevalentemente la fascia di età compresa fra 20 e 40 anni, ma può presentarsi in maniera sporadica già dai 10 anni e fino ai 60 anni.
I maschi sono colpiti più spesso delle femmine con un rapporto di 3:2.
La sclerosi multipla costituisce l’1-2% delle malattie organiche del sistema nervoso centrale, comprese quelle dovute alla sifilide.
Può durare da 1 a 30 anni.
E’ più frequente in chi esegue lavori manuali.
Negli Stati Uniti si presenta più spesso nella zona dei grandi Laghi (parte più a nord, n.d.r.), mentre in Europa è più frequente nelle parti settentrionali che in Italia o in altri paesi dell’area mediterranea.
La sclerosi multipla non si ripete nella stessa famiglia né viene ereditata, ma fra gli avi ci possono essere casi di malattie neurologiche.
Le infezioni acute possono precedere la malattia nel 10-12% dei casi e la sclerosi multipla non è più frequente nei soggetti che hanno o non hanno avuto le comuni malattie esantematiche (p. es.: morbillo, varicella, scarlattina, ecc.).
Non è provocata dalla sifilide.
In pochi casi potrebbe essere indotta da un trauma. Un trauma di per sé non può provocarla, ma soltanto “risvegliarla” in soggetti predisposti.



Anche scorrendo questi punti si ritrovano concetti ancora attuali, come la maggiore frequenza della malattia nelle regioni del nord, ed altri contrastanti con le evidenze attuali, come ad esempio la maggiore frequenza nei maschi. Nella prossima puntatasi approfondirà l’analisi di questi punti.

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