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CCSVI: Convegno FIDER Rimini – 8 giugno 2013

Articolo del 10 giurno preso da www.ccsvi-lombardia.org


Sabato 8 Giugno 2013 si è svolto presso il Centro Congressi SGR di Rimini un interessante convegno organizzato da FIDER Onlus, al quale erano presenti anche i nostri soci Giacomo Castellano, Mario Fantasia e Fabrizio Fiorini, che – in attesa delle riprese video che dovrebbero essere disponibili nei prossimi giorni sul sitowww.fider.it – ci ha inviato il seguente report:



“Il convegno inizia verso le 9.15, con lo spazio dedicato alle autorità presenti che si apre con una breve introduzione di Massimo Marchini presidente della FIDER, che ha organizzato il convegno con l’associazione “Luce sul mare”.

Lascia poi spazio al dottor Piva, vicepresidente della Commissione Sanità della Regione Emilia-Romagna, che accenna brevemente alla sperimentazione del prof. Zamboni (senza addentrarsi in termini scientifici e senza nemmeno citare il nome della sperimentazione) dicendo che “sta cominciando e Ferrara è la capofila di questo progetto nazionale”.

Interviene poi il dottor Saverio Lo Vecchio, Direttore Sanitario della AUSL di Rimini, che parla più che altro del ruolo delle associazioni, cercando anche lui di essere breve per lasciare spazio ai relatori.

Dopo il dottor Lo Vecchio si ha l’intervento del dottor Maurizio Grossi, presidente dell’Ordine dei Medici riminesi, che parla brevemente della SM e della nuova situazione di terapie, associazioni, ecc., un insieme di cose che a suo parere non fanno più sentire solo il paziente; parla di terapie farmacologiche che ormai aiutano molto soprattutto se abbinate ad un diverso stile di vita e insiste sull’importanza del dialogo paziente-neurologo e anche di condivisione col proprio medico di base, in famiglia, sul luogo di lavoro, ecc. Si dice anche dispiaciuto delle “nubi che si sono addensate su queste nuove terapie, come quella della quale si parla oggi” da parte di medici ai quali chiede tra le righe una maggiore apertura mentale.

Segue poi l’intervento del dottor Alessandro Ravasio, direttore della neurologia dell’ospedale di Rimini, il quale dice che per la prima volta avrà l’occasione di sentire parlare direttamente Salvi; ci tiene anche a sottolineare che comunque nel convegno si parlerà di riabilitazione e di altri aspetti collegati alla SM, non solo di CCSVI (che lui definisce un’intuizione geniale di due persone, che ha lasciato comunque molte perplessità a chi come lui si occupa da anni di SM, parla poi di “spinta troppo enorme sui media” e di “viaggi della speranza in Russia e Thailandia per le staminali” con suo parere di “attuale non chiarezza che deve condividere col suo paziente” e cita anche “lo studio Cosmos” come ultimo riferimento scientifico). Chiude il suo intervento con un commento apparentemente ironico sui ritardi di avvio della sperimentazione BD finanziata dalla regione Emilia-Romagna, per cui ormai la maggior parte dei suoi pazienti che ci credeva ha già fatto l’intervento prima che la sperimentazione desse loro delle risposte.



Conclusa la parte dedicata alle istituzioni, vengono fatti accedere al palco i relatori, con un primo breve intervento del dottor Cosimo Argentieri, coordinatore scientifico FIDER, che dice che chi lo ha preceduto ha già fatto un’introduzione più che sufficiente sulla giornata, per cui lui si limita a parlare delle loro attività associative (con precedente convegno sull’autismo) e del suo piacere nel conoscere i vari relatori che secondo lui daranno vita a una “giornata del sapere”; in chiusura di intervento torna a parlare anche lui dell’importanza del rapporto medico-paziente.



Argentieri cede poi la parola al dottor Salvi che fa una breve introduzione sulla SM in generale, parlando di:
ricadute legate allo stress, ma anche nel periodo post-parto, dopo interventi alla tiroide, ecc.;
multifocalità dei disturbi creati dalla SM (sia midollo spinale che cervello), da cui diverse sintomatologie iniziali e diversi quadri clinici; modificazione nel tempo con ricadute o progressione lenta; RR, SP, PP, ecc.
caratteristiche generali della malattia con definizione di “autoimmune” appunto tra virgolette perché dice Salvi che ormai di quel concetto se ne può discutere;
malattia che fa paura perché è una spada di Damocle costantemente sulla testa, con disgregazione dei rapporti umani, incertezze del futuro, ecc.;
parla poi delle “cose che il neurologo non ti sa dire”: autoimmune? Motivo delle diverse forme? Motivo della fatica? Perché accumulo di ferro anche all’inizio? Perché c’è “ritrosia nell’affrontare nuove ipotesi eziopatogeniche”?

Nella sua relazione Salvi passa poi a fare un breve escursus del suo incontro col prof. Zamboni e sui successivi passi fatti insieme; sottolinea come ci sono 143 pubblicazioni su PubMed che parlano di CCSVI e tantissimi contributi su Google, non è vero che non ci sono pubblicazioni.

Ritorna sul suo forte dubbio che la SM non sia una malattia autoimmune, con immagine (vedi immagine 001) di autostrada con ingorgo su un lato e Zamboni tutto solo dall’altro, poi su una corsia almeno Zamboni, lui, Galeotti, Veroux, ecc. con altre immagini analoghe su salto del salmone, ecc.

Cita poi uno studio del 2009, ripreso anche da altri giapponesi, contro il concetto di malattia autoimmune (immagine 002), fino ad un ultimo studio che parla di accumulo di fibrinogeno (che confermerebbe certe convinzioni di Zamboni).

Salvi mostra poi un editoriale di qualche giorno fa, a firma Angelo Ghezzi su giornale neurologico americano, nel quale vengono usati i criteri di Bradford-Hill per stabilire che è inutile spendere soldi ed energie per studiare la CCSVI, ma Salvi che dice che questi stessi criteri non dimostrano nemmeno che la SM è una malattia autoimmune.

Segue una serie di vignette ironiche (probabilmente di Matitaccia) sul linfocita e su tutte le sue attività, compresa quella di danni a livello cerebrale; evidenzia come non ci siano farmaci che agiscono positivamente sulle forme progressive e mostra uno studio 2011 (con anche Battaglia, Trojano e c.) sui costi delle cure per SM, nel quale si vede come comunque ogni anno in Italia si spendano circa 8.000 Euro/anno per persona anche nelle forme PP e SP, nonostante ad oggi non ci sia uno studio che ne mostri l’efficacia, da cui può nascere il dubbio sugli interessi economici che prevaricano quelli scientifici.

Evidenzia come per la neuromielite ottica si sia trovato un marker e per quella si può parlare di autoimmune, per tutte le altre forme di SM no, per cui bisogna cercare altre strade.

Dai loro studi CCSVI hanno visto molte occlusioni su Azygos nei casi di SM progressiva, mentre sulle RR le occlusioni sono sulle giugulari (quando invece con le vecchie teorie non se ne dava un motivo).

Idem per quanto riguarda la fatica nella SM, nessuno studio neurologico riesce a spiegarla e correlarla.

Salvi mostra poi come dopo la PTA gli elementi che si modificavano sensibilmente erano fatica, cefalea, memoria di lavoro e facilità di sonno, ossia quatto parametri che incidono molto sulla qualità della vita (nonostante la fatica non rientri nella valutazione dell’EDSS).

Secondo aspetto del post-PTA è che, quando si ha la restenosi, i primi sintomi che si ripresentano sono fatica, disturbi del sonno, ecc. prima che la malattia riacutizzi ufficialmente.

Salvi parla poi brevemente poi della RIS, come Sindrome Isolata Radiologicamente, caso in cui il paziente sta bene, a volte può nascerne una CIS o poi una SM vera e propria; spesso sono cefalea, fatica e disturbi del sonno che portano a fare una risonanza che evidenzia per la prima volta la patologia.

Vengono mostrate alcune immagini (vedi immagini 003 e 004) sia su placche perivenose che su lesioni corticali, periflebiti retinali, tutti problemi che nascono intorno ad un vaso venoso; altri dubbi sulle vecchie teorie nascono se si pensa alla presenza del ferro nelle placche, già all’inizio della malattia, come evidenzia un articolo di un paio di giorni fa (ma ci sono anche studi vecchi, fino al 1988, che sono stati accantonati senza motivo); Salvi afferma chiaramente come l’accumulo di ferro sia proporzionale al grado di disabilità.

Mostra poi (immagine 005) lo studio Gabbiani-Cohen su differenza tra vene del gruppo di controllo e giugulari rimosse da malati di SM (collagene tipo 3) con recente studio Zamboni-Salvi e c. che sembra portare ad un’origine patogenetica diversa dalle teorie consolidate; le ricadute sono causate dal linfocita impazzito o da uno scompenso emodinamico? In particolare comunque Salvi torna sull’importanza delle tiroiditi, le placche di demielinizzazione sembrano essere un tentativo del sistema immunitario di arginare il danno (da cui futura pubblicazione su casi di SM generata da interventi chirurgici su tiroide).

Salvi conclude il suo intervento evidenziando le attuali scarse conoscenze in ambito venoso sulle quali si deve andare a studiare (con vignetta del team neurologo + emodinamista venoso + interventista) e poi affonda in modo pesante sul business sorto intorno alla CCSVI con mancanza, a suo dire (immagine 006), di pubblicazione di dati da parte di chi ha fatto migliaia di interventi, e con la sua speranza futura nella creazione di Centri di Eccellenza sulla diagnostica e terapia degli studi neurologici su base venosa, avendo il neurologo come leader del team perché comunque a suo parere la SM rimane una malattia neurologica.

Alla fine del suo intervento c’è stato un lunghissimo applauso ed in effetti Fabrizio Salvi è stato come sempre molto convincente ed incisivo, con un grande coinvolgimento della platea.



Questo aspetto viene ripreso dal prof. Veroux all’inizio del suo intervento quando sottolinea come sia “sempre difficile parlare dopo un intervento come quello di Salvi”.

La relazione di Veroux prende in esame inizialmente il problema degli interventi fatti in malomodo, soprattutto presso centri esteri, parlando del suo enorme piacere quando Zamboni e Salvi lo hanno invitato a lavorare con loro.

Secondo lui va capito se l’intervento fatto in modo corretto interviene solo su alcuni sintomi o se può agire anche sulla progressione della malattia, ma sottolinea come anche al loro interno, pur trattandosi di un’università con centro SM, ci sia ancora la sensazione di una mancanza di comunicazione.

Esamina poi i risultati dello studio CoSMo (parlando di correlazione al 10%, anche se più d’uno dalla platea gli ricorda che è il 3%) e sottolinea l’elevata percentuale di rettifica dei dati locali da parte dei lettori centrali (anomalo il 90% dei falsi positivi e lo 0% dei falsi negativi) con perplessità dei vascolari se impegnarsi ancora in questa attività oppure no, ammettendo anche le colpe dei vascolari nel non essere riusciti a dare una certezza di diagnosi con gravità della patologia.

Si ha una bella ammissione da parte sua, quando dice che sono loro vascolari a dover togliere ai neurologi ogni dubbio, perché anche ad un recente convegno di vascolari il 60% dei presenti in platea era più favorevole alle contestazioni di due neurologi piuttosto che alle affermazioni di Zamboni.

I loro studi a Catania (immagine 007) hanno cercato di escludere la dipendenza dall’operatore (con esempio di flebografia della giugulare che rende indiscutibile anche a una platea come quella odierna la differenza di flusso tra la normale e quella con restenosi) con venografia/flebografia come gold-standard.

Veroux presenta lo studio 2011-2012 con 312 pazienti SM (in pubblicazione a breve), con due endpoint: verificare se anche nella venografia erano presenti i criteri Zamboni presenti nell’ECD e se la PTA è efficace sul flusso venoso (vedi elevata % di restenosi già nel primo studio Zamboni). Fa poi una breve descrizione del protocollo per avere dati omogenei e raffrontabili per sottolineare poi come questi dati stridano con quelli dello studio CoSMo (sebbene il problema alle giugulari non coinvolgesse il 100% dei malati di SM, ma quasi), vedi immagini 008 e 009 con suddivisione per classe di anzianità della malattia (stessa incidenza per i malati nuovi che per quelli malati da parecchio tempo, per cui scarsa incidenza della malattia nella morfologia venosa, idem per gli anni di anzianità della persona, ecc.). Passa poi agli effetti della PTA, ricorda come loro vascolari avessero poca esperienza sulle vene………(breve mia assenza dalla sala, nel corso della quale Veroux parla di problema morfologico, 50% dei casi migliora nel 10 % invariato, si riesce a normalizzare il flusso nel 40% dei pazienti mentre nel 30% un miglioramento………immagini varie che evidenziano i fattori che influenzano il flusso….- immagine 010)

Il prof. Veroux conclude poi il suo intervento (immagine 011) con i dati di ricadute post-PTA scesi al 27% per chi ha avuto un buon flusso dopo la PTA mentre rimanevano al 55% per gli altri, fino all’immagine finale 012con lo “scateniamo l’inferno” con soggetto Zamboni che riporta a qualche anno fa, con “frasi forti” che adesso sembrano un po’ dimenticate…….



Si ha poi l’intervento del dottor Mario Marzaloni, presidente del Comitato Etico dell’Ordine dei Medici di Rimini, in merito alla correttezza della ricerca e della ripetibilità delle forme, con concetto di “validazione scientifica” che a suo dire non esiste per almeno il 50% degli studi medici (ma non per forza è un segnale negativo, anche insulina ed altro sono stati adottati molto rapidamente ecc. ecc.)

Adesso ci si basa però su concetti di bioetica (dopo sperimentazioni scorrette su soggetti umani fino agli anni sessanta) con codice di deontologia dello Spinsanti, fino ai fondamentali requisiti di una ricerca (vedi immagine013), per concludere poi l’intervento con un suo commento sul “caso STAMINA”, finora limitato all’esito negativo dello studio avviato a Trieste.



Si passa poi all’intervento della dott.ssa Sofia Straudi (dell’equipe ferrarese del dottor Basaglia) che affronta il problema della riabilitazione, più direttamente collegato alle attività dell’associazione che ha organizzato l’evento.

Vedi immagine 014 su ICF Brief Core che aiuta a capire quali sono le aree di intervento della riabilitazione, con immagine 015 del team che interviene in merito.

La dott.ssa Straudi mostra vecchi articoli (dal 1980 su 20 pazienti fino alla studio Cochrane del 2011 su quasi 1.000 pazienti) per spiegare quali sono le evidenze (vedi immagine 016 su risultati nel breve e nel medio termine, con diversa intensità delle sedute), con domanda ancora aperta.

Una delle principali linee guida è arrivata dall’Inghilterra nel 2003 con riconoscimento del grado A alla riabilitazione fisioterapica nella SM, con diversi stadi di valutazione nel tempo della SM, con non correlazione tra carico lesionale e funzione motoria, da cui interessamento di più sistemi che compromettono la performance complessiva e concetto importante di neuroplasticità – studio Tomassini 2012 su Nature Neurology.

Concetti molto interessanti vengono proposti dalla dott.ssa Straudi sullo studio Rocca,Lancet 2005 – Immagine 017) con diverse aree attivate a livello cerebrale per effettuare lo stesso movimento della mano da malati PP, SP e RR, che pure ad un primo livello visivo lo compivano nello stesso modo (vedi rimappatura corticale, una sorta di auto-adattamento della situazione danneggiata).

Lo studio in grado di proporre fenomeni di neuroplasticità deve presentare caratteristiche di ripetitività, task-specificità, progressività e feedback (vedi esempio di studio Constraint-induced – immagine 018 - e poi della Wii-rehabilitation, che ha anche un aspetto di divertimento e vale soprattutto per l’aspetto dell’equilibrio), fino a robotica ecc. ecc.



Ultima relazione è quella del dottor Gianni Alberto Pegli, responsabile dell’Unità Ospedaliera disabilità acquisita di “Luce sul Mare” che focalizza il suo intervento sull’accesso del paziente all’interno del loro centro e sui riferimenti burocratici ai quali fare capo nella gestione del paziente stesso.



Viene poi dato spazio alla discussione tra i relatori e alle domande dal pubblico:

il primo intervento è di Maria Teresa Salomoni che (coadiuvata poi in un secondo tempo dalla dott.ssa Manetta) presenta le attività della loro associazione Assi-SM Emilia-Romagna, parla dell’esistenza di un PDTA regionale (portato come esempio di “regione illuminata”), della loro scuola di SM (con Salvi), del loro punto di ascolto, dei loro banchetti informativi, soprattutto a Cervia, e in chiusura del loro prossimo evento a Cortina il 6 e 7 Luglio, in collaborazione con “Il Bene” e “SMuovi la vita”.

Interviene poi sul palco un neurologo riminese (del quale non ho purtroppo compreso il nome) che precisa che il PDTA emiliano verrà presentato proprio al Centro SGR di Rimini il prossimo 24 settembre e poi si rivolge a Salvi, dicendo di condividere con lui il programma di “recupero delle persone operate male”, portando l’esempio negativo di una sua paziente che si è già sottoposta a 3 PTA e che adesso vuole fare le staminali, chiudendo poi con una domanda a Salvi sul “come giustifica i benefici che si sono avuti con l’interferone in questi quindici anni”.

La risposta di Salvi è che anche lui usa gli interferoni ma per intervenire sull’immunità, non sull’autoimmunità nella quale non crede” e riprende poi il concetto di “auspicare un ritorno al rapporto sereno col neurologo ma anche con la ricerca”.

Si ha poi un nuovo intervento del dottor Ravasio, neurologo riminese già intervenuto nella prima parte dedicata alle istituzioni, che – prendendo spunto dai dati mostrati da Veroux – parla di un recente studio osservazionale del dottor Provinciali (?) che dimostrerebbe come una cinquantina di persone, ad un anno dalla PTA, avevano un EDSS peggiore ma dichiaravano una migliore qualità di vita. A suo dire “ben vengano terapie innovative meno costose”, con i successivi complimenti alla Regione Emilia-Romagna per avere finanziato il Brave Dreams, che gli sembra essere il primo studio in questo settore non finanziato da case farmaceutiche.

In risposta all’intervento collaborativo di Ravasio, Fabrizio Salvi gli fa notare che comunque lui sta tuttora subendo attacchi e violazioni, sia a livello informatico che presso il suo ufficio.

Prima di lasciare spazio alle domande dal pubblico, interviene anche Veroux per far notare come loro vascolari fossero intervenuti, su richiesta del Ministero, per sottolineare come le PTA andassero limitate a centri di grande esperienza, ma come poi tutto questo si fosse ritorto contro gli stessi malati perché, inserendo il vincolo dell’ulteriore approvazione dei comitati etici (che si fa sempre fatica ad avere), era stato proprio il Ministero a favorire “i viaggi della speranza”. A differenza di Fabrizio Salvi, che in più di un’occasione ha attaccato duramente nel corso delle sue esposizioni le PTA in privato, il professor Veroux fa notare però come i centri a rischio siano quelli esteri, mentre in Italia il livello medio è buono, pur col limite nella maggior parte dei casi della non presa in carico del paziente.

Il primo intervento dal pubblico è di Fabrizio Fiorini che, riallacciandosi alla disponibilità al dialogo mostrata oggi dai due neurologi riminesi, fa notare come – nei suoi due anni e mezzo di girovagare tra i vari convegni in Italia e Svizzera – abbia incontrato più volte neurologi che, in ambiti ristretti e di fronte ai loro pazienti (vedi loro oggi, Patti ad Acireale, ecc.) si dicono aperti al dialogo, ma non hanno poi il coraggio di alzare la mano ai convegni SIN per mettere in dubbio lo studio CoSMo e altre certezze che in realtà tali non sono.

Prima che si chiuda definitivamente il convegno, si ha ancora tempo perché Salvi risponda con un semplice “No!” ad una domanda intelligente arrivata (su foglio scritto) da una persona del pubblico, ma poi – pungolato sull’argomento da Giacomo Castellano – ammette che uno studio con RMN pre-PTA e post-PTA per la valutazione dell’accumulo di ferro non è mai stato fatto, ma sarebbe comunque molto utile; il problema è trovare chi può realizzarlo (HSR? Utopia!).

La conclusione è ad opera del dottor Argentieri che si complimenta con tutti per la civiltà della discussione, pur nell’ambito di opinioni molto diverse, e si augura che in futuro questo porti ad una collaborazione sempre più costruttiva e utile al malato. Ovviamente non è il solo a sperarlo…”

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