Ormai molti di noi sanno quanto sia difficile per un malato di Sclerosi Multipla (e più in generale per tutti i malati), curarsi con la cannabis. Le difficoltà principali si riscontrano nell’elevato costo dovuto al lungo e macchinoso iter per poter reperire quella che ormai è riconosciuta anche scientificamente come una medicina naturale. Abbiamo avuto il piacere di parlare con Mauro Morbelli, malato di Sclerosi Multipla da circa 16 anni. Tutto è iniziato nel 1997, anno in cui gli è stata diagnosticata la malattia.
Inizialmente, dal 1997 al 2007, Mauro si è curato con l’interferone (Avonex), ma ogni 2-3 anni accusava una crisi molto forte che lo costringeva ad assumere dolorosi boli cortisonici da 1000 unità per via endovenosa. Così dal 2005, dopo essersi informato a dovere sull’argomento, ha deciso di curarsi con la cannabis considerato il metodo migliore per evitare effetti collaterali. Notando gli evidenti risultati positivi nel 2007, contro il parere del suo neurologo decide di smettere totalmente di assumere l’Avonex. Oggi, a distanza di 6 anni non ha avuto più crisi di forte entità, facendo una vita degna di essere vissuta.
Mauro ci spiega che assume la cannabis sotto forma di cibo o fumandola, in particolare la sera, questo lo aiuta anche a risolvere i disturbi del sonno causati dal Provigil, un’anfetamina in genere prescritta ai malati di SM per eliminare la stanchezza, sintomo della malattia.
In passato Mauro ha provato ad interrompere la cura a base di cannabis ma entro una settimana ritornavano gli spasmi muscolari e i dolori, afferma lui stesso: “il mio neurologo che lavora molto spesso con la chimica ha riconosciuto che la cannabis a me è di aiuto, anche se magari un altro paziente non ne trae beneficio, la cosa è soggettiva”. A fronte di questa situazione,il problema che ha riscontrato principalmente è reperire la cannabis, poiché non volendosi relazionare con il mercato nero ha deciso di coltivarla e produrre personalmente ciò che può alleviare le sofferenze di questa terribile malattia. Un gesto del genere per la legge è punibile con la reclusione da 6 a 10 anni, assurdo se si pensa che uno stupratore rischia molto meno in termini di reclusione (circa 3 anni). Motivo per cui Mauro si trova a dover combattere una lunga battaglia per poter affermare davanti alla legge la sua condizione senza passare per un criminale, dimostrando invece l’effettiva utilità di questa cura. La prassi è lunga e di certo non semplice, infatti, dovrà partecipare a delle sentenze e sottoporsi a delle perizie mediche ordinate dal tribunale per accertare l’effettiva utilità della sostanza.
Se Mauro dovesse vincere la sentenza il giudice può autorizzare l’ASL a fornire al paziente dei medicinali a base di cannabis o permettergli di piantare il fabbisogno annuale. Ci auguriamo che il tribunale riconosca la legittimità del comportamento del soggetto in questione e consenta quindi la coltivazione personale della cannabis per scopi terapeutici.
Vi terremo aggiornati sugli eventuali sviluppi e ci auguriamo di poter pubblicare presto un’intervista a Mauro.
Inizialmente, dal 1997 al 2007, Mauro si è curato con l’interferone (Avonex), ma ogni 2-3 anni accusava una crisi molto forte che lo costringeva ad assumere dolorosi boli cortisonici da 1000 unità per via endovenosa. Così dal 2005, dopo essersi informato a dovere sull’argomento, ha deciso di curarsi con la cannabis considerato il metodo migliore per evitare effetti collaterali. Notando gli evidenti risultati positivi nel 2007, contro il parere del suo neurologo decide di smettere totalmente di assumere l’Avonex. Oggi, a distanza di 6 anni non ha avuto più crisi di forte entità, facendo una vita degna di essere vissuta.
Mauro ci spiega che assume la cannabis sotto forma di cibo o fumandola, in particolare la sera, questo lo aiuta anche a risolvere i disturbi del sonno causati dal Provigil, un’anfetamina in genere prescritta ai malati di SM per eliminare la stanchezza, sintomo della malattia.
In passato Mauro ha provato ad interrompere la cura a base di cannabis ma entro una settimana ritornavano gli spasmi muscolari e i dolori, afferma lui stesso: “il mio neurologo che lavora molto spesso con la chimica ha riconosciuto che la cannabis a me è di aiuto, anche se magari un altro paziente non ne trae beneficio, la cosa è soggettiva”. A fronte di questa situazione,il problema che ha riscontrato principalmente è reperire la cannabis, poiché non volendosi relazionare con il mercato nero ha deciso di coltivarla e produrre personalmente ciò che può alleviare le sofferenze di questa terribile malattia. Un gesto del genere per la legge è punibile con la reclusione da 6 a 10 anni, assurdo se si pensa che uno stupratore rischia molto meno in termini di reclusione (circa 3 anni). Motivo per cui Mauro si trova a dover combattere una lunga battaglia per poter affermare davanti alla legge la sua condizione senza passare per un criminale, dimostrando invece l’effettiva utilità di questa cura. La prassi è lunga e di certo non semplice, infatti, dovrà partecipare a delle sentenze e sottoporsi a delle perizie mediche ordinate dal tribunale per accertare l’effettiva utilità della sostanza.
Se Mauro dovesse vincere la sentenza il giudice può autorizzare l’ASL a fornire al paziente dei medicinali a base di cannabis o permettergli di piantare il fabbisogno annuale. Ci auguriamo che il tribunale riconosca la legittimità del comportamento del soggetto in questione e consenta quindi la coltivazione personale della cannabis per scopi terapeutici.
Vi terremo aggiornati sugli eventuali sviluppi e ci auguriamo di poter pubblicare presto un’intervista a Mauro.
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