È arrivato il sì definitivo dal Senato. Ecco cosa prevede la conversione del decreto Balduzzi sul discusso metodo senza prove scientifiche
Ormai è deciso: chi ha iniziato le terapie con il metodo Stamina le potrà continuare e si avvierà una sperimentazione - promossa dal ministero della Salute e supervisionata dal Centro nazionale trapianti, Istituto superiore della sanità e Agenzia italiana del farmaco (Aifa). Le cellule staminali mesenchimali – al centro del discusso metodo – verranno trattate come farmaci e non secondo le regole dei trapianti, considerate meno rigide. Lo ha confermato oggi il Senato, con la conversione in legge del decreto Balduzzi ( qui il testo), modificato con l'avvio della sperimentazione (pochi giorni fa l'approvazione della Camera).
Saranno tre i milioni di euro – provenienti dal Fondo sanitario nazionale - stanziati per la sperimentazione al via dal prossimo primo luglio e della durata di 18 mesi. Una scelta che se a una prima analisi sembra mediare tra le richieste delle famiglie dei malati - riunitesi la scorsa settimana davanti a Montecitorio per manifestare a sostegno del metodo Stamina – e il rispetto delle norme europee vigenti in materia di terapie cellulari avanzate, non incontra però le aspettative di Davide Vannoni della Stamina Foundation, depositaria dell'omonimo metodo.
“Si vuole riportare tutta la sperimentazione sotto il controllo dell'Agenzia del farmaco. Ma così non potremmo più applicare la nostra metodica. Se la sperimentazione verrà fatta nei laboratori farmaceutici, passeranno degli anni e Stamina non può attuarla perché la nostra metodica non può entrare in questi laboratori”, commentava la scorsa settimana Vannoni, aggiungendo come il suo metodo fosse sotto attacco dalla “lobby Agenzia del Farmaco-Farmindustria, per cercare di distruggere questa possibilità di cura”.
La sperimentazione prevista dall'emendamento al decreto prova a colmare quel vuoto legislativo che, insieme alla mancanza di prove, era stato al centro delle critiche mosse dalla comunità scientifica, preoccupata dei rischi derivanti dalla somministrazione di una terapia di non comprovata efficacia. “Non essendoci una sperimentazione, non abbiamo la minima idea dei rischi a cui vengono esposti i pazienti che ora continueranno le somministrazioni”, aveva dichiarato a Wired.it Michele De Lucaall'indomani della presentazione del decreto da parte del ministero della Salute “così come non li si conosceva finora in quelli che hanno subito il trattamento in passato”.
Ormai è deciso: chi ha iniziato le terapie con il metodo Stamina le potrà continuare e si avvierà una sperimentazione - promossa dal ministero della Salute e supervisionata dal Centro nazionale trapianti, Istituto superiore della sanità e Agenzia italiana del farmaco (Aifa). Le cellule staminali mesenchimali – al centro del discusso metodo – verranno trattate come farmaci e non secondo le regole dei trapianti, considerate meno rigide. Lo ha confermato oggi il Senato, con la conversione in legge del decreto Balduzzi ( qui il testo), modificato con l'avvio della sperimentazione (pochi giorni fa l'approvazione della Camera).
Saranno tre i milioni di euro – provenienti dal Fondo sanitario nazionale - stanziati per la sperimentazione al via dal prossimo primo luglio e della durata di 18 mesi. Una scelta che se a una prima analisi sembra mediare tra le richieste delle famiglie dei malati - riunitesi la scorsa settimana davanti a Montecitorio per manifestare a sostegno del metodo Stamina – e il rispetto delle norme europee vigenti in materia di terapie cellulari avanzate, non incontra però le aspettative di Davide Vannoni della Stamina Foundation, depositaria dell'omonimo metodo.
“Si vuole riportare tutta la sperimentazione sotto il controllo dell'Agenzia del farmaco. Ma così non potremmo più applicare la nostra metodica. Se la sperimentazione verrà fatta nei laboratori farmaceutici, passeranno degli anni e Stamina non può attuarla perché la nostra metodica non può entrare in questi laboratori”, commentava la scorsa settimana Vannoni, aggiungendo come il suo metodo fosse sotto attacco dalla “lobby Agenzia del Farmaco-Farmindustria, per cercare di distruggere questa possibilità di cura”.
La sperimentazione prevista dall'emendamento al decreto prova a colmare quel vuoto legislativo che, insieme alla mancanza di prove, era stato al centro delle critiche mosse dalla comunità scientifica, preoccupata dei rischi derivanti dalla somministrazione di una terapia di non comprovata efficacia. “Non essendoci una sperimentazione, non abbiamo la minima idea dei rischi a cui vengono esposti i pazienti che ora continueranno le somministrazioni”, aveva dichiarato a Wired.it Michele De Lucaall'indomani della presentazione del decreto da parte del ministero della Salute “così come non li si conosceva finora in quelli che hanno subito il trattamento in passato”.
Commenti
Posta un commento