Articolo del 25 gennaio 2013 preso da http://ccsvi-sm.org/?q=node%2F1715
Riportiamo il parere che il Dr. Attilio Guazzoni, radiologo vascolare e interventista a Domodossola (VB), ha recentemente espresso sui risultati dello studio Cosmo.
Io vedo solo Pazienti positivi alla CCSVI, con ECD eseguito in altre sedi, dove operano colleghi di grande esperienza , tanto che la concordanza diagnostica è vicina al 98% per le giugulari e del 70% circa per azygos.
Però nemmeno lo studio CoSMo nega l'esistenza della malformazione (definita tale se non sbaglio alla consensus conference del 2009, pubblicata su Phlebolgy)
Quindi se esistono sintomi correlabili alla malformazione il paziente viene sottoposto a flebografia diagnostica (a ECD positivo per CCSVI); se si conferma il dato dll' ECD si fa la PTA; questa è la logica. Il vero problema è ascrivere alcuni sintomi alla CCSVI piuttosto che alla malattia di base. La demarcazione talvolta non è netta e semplice.
Basiamoci allora sull'esperienza: stanchezza cronica, difficoltoso controllo della vescica, parestesie del perineo, alle mani e piedi, sensazione di camminare sulla gomma, sui cartoni, freddo o caldo agli arti, "sbandamenti", deficit attentivi sono i principali sintomi che, quando va tutto bene scompaiono (ci sono purtroppo i non responder).
Questo migliora la qualità della vita a rischi accettabili? a questo bisogna rispondere .
Personalmente credo che spesso sia il caso di intervenire . Sono certo che l'intervento non ha intenti preventivi, né che la malformazione peggiori al peggiorare della malattia (vedi lavoro di Simka del 2012).
Effetto placebo? Mi chiedo : il paziente migliora, sta meglio quindi il lavoro è stato utile; il resto lo lasci agli scienziati. A noi "idraulici" ci lascino fare il nostro lavoro; forse serviamo a qualcuno, quelli malati.
Riportiamo il parere che il Dr. Attilio Guazzoni, radiologo vascolare e interventista a Domodossola (VB), ha recentemente espresso sui risultati dello studio Cosmo.
Io vedo solo Pazienti positivi alla CCSVI, con ECD eseguito in altre sedi, dove operano colleghi di grande esperienza , tanto che la concordanza diagnostica è vicina al 98% per le giugulari e del 70% circa per azygos.
Però nemmeno lo studio CoSMo nega l'esistenza della malformazione (definita tale se non sbaglio alla consensus conference del 2009, pubblicata su Phlebolgy)
Quindi se esistono sintomi correlabili alla malformazione il paziente viene sottoposto a flebografia diagnostica (a ECD positivo per CCSVI); se si conferma il dato dll' ECD si fa la PTA; questa è la logica. Il vero problema è ascrivere alcuni sintomi alla CCSVI piuttosto che alla malattia di base. La demarcazione talvolta non è netta e semplice.
Basiamoci allora sull'esperienza: stanchezza cronica, difficoltoso controllo della vescica, parestesie del perineo, alle mani e piedi, sensazione di camminare sulla gomma, sui cartoni, freddo o caldo agli arti, "sbandamenti", deficit attentivi sono i principali sintomi che, quando va tutto bene scompaiono (ci sono purtroppo i non responder).
Questo migliora la qualità della vita a rischi accettabili? a questo bisogna rispondere .
Personalmente credo che spesso sia il caso di intervenire . Sono certo che l'intervento non ha intenti preventivi, né che la malformazione peggiori al peggiorare della malattia (vedi lavoro di Simka del 2012).
Effetto placebo? Mi chiedo : il paziente migliora, sta meglio quindi il lavoro è stato utile; il resto lo lasci agli scienziati. A noi "idraulici" ci lascino fare il nostro lavoro; forse serviamo a qualcuno, quelli malati.
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