Sanofi e la sua controllata Genzyme hanno annunciato oggi dati aggiuntivi relativamente allo studio di fase III CARE-MS ll. L’accumulo di disabilità è significativamente rallentato nei pazienti affetti da sclerosi multipla (SM) trattati con alemtuzumab rispetto a quelli trattati con interferone beta-1a (interferone beta 1-a ad alto dosaggio per somministrazione sottocutanea), in base alla misurazione effettuata tramite la Expanded Disability Status Scale (EDSS), uno strumento standard per la valutazione della progressione della disabilità fisica. Inoltre, è stato osservato un significativo miglioramento nell’indice di disabilità in alcuni pazienti trattati con alemtuzumab sia nei riguardi del valore basale, sia rispetto al valore dei pazienti trattati con interferone beta-1a, suggerendo un'inversione della disabilità nei soggetti del gruppo alemtuzumab. Nello studio i pazienticon preesistente disabilità trattati con alemtuzumab, rispetto a quelli che avevano ricevuto interferone beta 1-a, hanno mostrato il doppio della probabilità di ridurre la loro disabilità. Genzyme sta sviluppando alemtuzumab per la SM in collaborazione con Bayer HealthCare. “Questi risultati sono rilevanti per la nostra realtà scientifica e per i pazienti grazie al vantaggio in termini di riduzione della disabilità, uno degli aspetti sul quale si concentrano le maggiori aspettative per il futuro. Alemtuzumab, con il suo peculiare meccanismo d’azione, rappresenta un’opportunità in più per i nostri pazienti“ ha commentato il Dr. A. Bertolotto dell’Ospedale S. Luigi di Orbassano (TO) che ha partecipato per l’Italia allo studio. CARE-MS II è uno studio clinico di fase III randomizzato che compara alemtuzumab e interferone beta 1-a in pazienti affetti da sclerosi multipla recidivante-remittente (RRMS) che hanno manifestato ricadute nel corso di una precedente terapia. La società ha annunciato in Novembre che i risultati per gli endpoint co-primari dello studio erano stati altamente rilevanti dal punto di vista statistico. I dati principali relativi allo studio CARE-MS II presentati oggi al 64° convegno annuale dell’American Academy of Neurology's (AAN) indicano che: - Il punteggio medio di EDSS in pazienti trattati con alemtuzumab si riduce nel periodo di 2 anni, indicando un miglioramento della loro disabilità fisica, mentre il punteggio medio nei pazienti trattati con interferone beta-1a incrementa, indicando un peggioramento della disabilità (-0,17 vs. 0,24; p < 0,0001). - Al secondo anno, il 29% dei pazienti trattati con alemtuzumab ha evidenziato una riduzione della disabilità mantenuta nell’intervallo di tempo di 6 mesi, rispetto al solo 13% dei pazienti in terapia con interferone beta-1a (p=0,0002). - Nei due anni di studio si è registrato, nei pazienti trattati con alemtuzumab in confronto a quelli trattati con interferone beta-1°, un 42% di riduzione del rischio di accumulo della disabilità a 6 mesi (p=0,0084), valutata col punteggio EDSS. Statisticamente, il risultato di questo endpoint co-primario è altamente significativo. I dati dello studio sulle ricadute presentati all’AAN comprendono: - Il 65% dei pazienti trattati con alemtuzumab è rimasto libero da recidive per 2 anni rispetto al 47% dei pazienti con interferone beta-1a (49,4 % di riduzione del rischio; p<0,0001). - Nei 2 anni dello studio è stata osservata una riduzione del 49% della frequenza di recidive nei pazienti trattati con alemtuzumab 12 mg rispetto ai pazienti con interferone beta-1a (p<0,0001), risultato statisticamente molto significativo per questo endpoint co-primario. Nello studio CARE-MS II, alemtuzumab 12 mg è stato somministrato per via indovenosa per un totale di 8 volte durante il periodo dei due anni di durata dello studio. Il primo ciclo di trattamento con alemtuzumab è stato effettuato per 5 giorni consecutivi e il secondo per 3 giorni consecutivi, dopo 12 mesi. Interferone beta-1a è stato somministrato nel dosaggio di 44 mcg per iniezione sottocutanea 3 volte alla settimana, ogni settimana, per i 2 anni previsti dallo studio. “Alemtuzumab è la prima terapia in grado di modificare la storia naturale della malattia a mostrare un effetto significativo in uno studio comparativo - sia sull’endpoint della ricaduta che su quello della disabilità - superiore ad interferone beta 1-a,” ha dichiarato il Professore Alastair Compston, Presidente del Comitato Direttivo che supervisiona la conduzione dello studio, sperimentatore principale degli studi clinici di fase II e III su alemtuzumab e Direttore del Dipartimento di Clinica delle Neuroscienze all’Università di Cambridge, UK. “I dati di efficacia del programma di studio CARE-MS suggeriscono che, se approvato, alemtuzumab diventerà un nuovo importante trattamento per pazienti affetti da SM recidivante attiva.” I nuovi dati aggiuntivi derivanti dallo studio CARE-MS II, suggeriscono che alemtuzumab fornisce rispetto a interferone beta-1a un significativo miglioramento degli endpoint di imaging, coerente con i risultati osservati negli endpoint clinici. Nella SM, la Risonanza Magnetica per Immagini (MRI) può essere usata per osservare nel tempo l’evoluzione delle lesioni, o aree di infiammazione nel Sistema Nervoso Centrale (CNS). E’ stato osservato un miglioramento statisticamente significativo per alemtuzumab rispetto a interferone beta-1a nella percentuale di pazienti con lesioni nuove o in ampliamento T2-iperintense (46 vs. 68; p<0.0001) e con lesioni captanti gadolinio (19 vs. 34; p<0,0001). La variazione del volume delle lesioni T2-iperintense dal basale a 2 anni (endpoint secondario), non è risultato differente in modo significativo dal punto di vista statistico (p=0,14). Nello studio, i pazienti trattati con alemtuzumab hanno evidenziato una variazione inferiore e statisticamente significativa del brain parenchymal fraction (BPF) – un parametro dell’atrofia cerebrale o perdita di neuroni e delle connessioni fra loro - rispetto alla variazione mediana dal valore basale (p=0,012) evidenziata nei pazienti trattati con interferone beta-1a (-0,62 vs. -0,81). “Pensiamo che questi risultati innovativi di CARE-MS ll, tra i quali l’inversione dell’accumulo di disabilità in alcuni pazienti, rispetto alla terapia standard con interferone beta 1-a, diano un messaggio di speranza per le persone colpite dalla SM” ha detto David Meeker, M.D., Presidente e CEO, Genzyme. “Siamo in linea con i tempi di presentazione della richiesta dell’autorizzazione all’immissione in commercio all’FDA e all’EMA, prevista per il secondo trimestre di quest’anno ed entusiasti per la possibilità di rendere disponibile questo importante farmaco per le persone che vivono con la SM e che presentano bisogni terapeutici non ancora soddisfatti.” I più comuni eventi avversi associati ad alemtuzumab nello studio CARE-MS Il, sono risultati le reazioni associate all’infusione che sono state generalmente di gravità lieve o moderata. Le infezioni sono state frequenti in entrambi i gruppi, con un’incidenza più alta nel gruppo alemtuzumab. Le infezioni più comuni hanno coinvolto le vie aeree superiori e il tratto urinario, micosi cutanee ed herpes orali. Nel 3,7% del gruppo alemtuzumab si sono manifestate infezioni gravi rispetto all’1,5% del gruppo interferone beta-1a. Le infezioni sono state, per gravità, prevalentemente lievi e moderate e nessuna fatale. Nel trial, il 15,9% dei pazienti trattati con alemtuzumab ha sviluppato un evento avverso autoimmune correlato alla tiroide (5% con interferone beta-1a), e lo 0,9% dei pazienti alemtuzumab ha sviluppato una trombocitopenia autoimmune (ITP) nei due anni dello studio. Questi casi sono stati rilevati precocemente attraverso un programma di monitoraggio e trattati con terapie convenzionali. Il monitoraggio del paziente per rilevare casi di ITP e disturbi tiroidei o renali è inserito in tutti gli studi sponsorizzati da Genzyme per il trattamento della MS con alemtuzumab. Tutti i dati sopra riportati si riferiscono ai pazienti dello studio che hanno ricevuto alemtuzumab 12 mg o interferone beta-1a 44 mcg. Alemtuzumab è un anticorpo monoclonale che interagisce selettivamente con la proteina CD52, abbondante nelle cellule T e B. La terapia con alemtuzumab determina la deplezione delle cellule T e B circolanti che si ritiene siano la causa dei dannosi processi infiammatori che si osservano nella SM. Alemtuzumab ha un impatto minimo sulle altre cellule immunitarie. L’effetto anti-infiammatorio acuto di alemtuzumab è seguito dalla comparsa di un pattern distintivo di ripopolamento delle cellule T e B che si protrae nel tempo. Sebbene l’esatto meccanismo di funzionamento nella SM non sia conosciuto, questo ripopolamento crea un sistema immunitario ri-bilanciato che potenzialmente riduce l’attività della malattia. La Società si appresta (secondo trimestre 2012) ad inoltrare la richiesta di approvazione negli Stati Uniti e in Europa per la registrazione di alemtuzumab per la SM recidivante. Poiché non ancora approvato per il trattamento della MS, alemtuzumab non deve essere utilizzato in pazienti MS al di fuori di uno studio clinico formalmente regolamentato, nel quale sia previsto un appropriato monitoraggio del paziente. Lo studio clinico CARE-MS II (Comparison of Alemtuzumab and Interferon beta 1-a Efficacy in Multiple Sclerosis II) è stato disegnato per valutare se il farmaco sperimentale alemtuzumab per il trattamento della SM potesse raggiungere un’efficacia significativa e miglioramenti del profilo di sicurezza superiori rispetto al farmaco di comparazione attivo e già approvato interferone beta 1-a (interferone beta-1a per via sottocutanea nel dosaggio di 44 mcg), uno standard terapeutico per la SM recidivante-remittente. I pazienti arruolati nello studio dovevano presentare SM attiva, con almeno un episodio di ricaduta nel corso di terapia, comprese le terapie iniettabili standard in grado di modificare la malattia. CARE-MS II è uno studio clinico di fase III internazionale randomizzato di comparazione del trattamento con alemtuzumab rispetto al trattamento con interferone beta 1-a condotto in 840 pazienti che avevano sperimentato ricadute mentre erano sottoposti a precedenti terapie. Lo studio aveva due endpoint co-primari: la riduzione del tasso di ricadute e dell’accumulo di disabilità mantenuta per l’intervallo di tempo di 6 mesi. L’outcome secondario comprendeva: la percentuale di pazienti liberi da ricadute al secondo anno; il cambiamento rispetto al basale del valore dell’Expanded Disability Status Scale (EDSS); il cambiamento percentuale del volume delle lesioni T2 iperintense rilevate con Risonanza Magnetica (MRI) al secondo anno e il cambiamento rispetto al basale del valore del Multiple Sclerosis Functional Composite (MSFC). L’accertamento della disabilità è stato eseguito con visite a scadenze regolari effettuate da neurologi indipendenti che non erano a conoscenza del trattamento assegnato ai pazienti. La ricaduta veniva accertata da un comitato in cieco. Oltre allo studio CARE-MS II completato, un altro studio di fase III, CARE-MS I, ha valutato alemtuzumab rispetto al trattamento con interferone beta-1a nei pazienti recidivanti-remittenti mai trattati in precedenza e ha registrato una riduzione statisticamente significativa della percentuale di recidive. In entrambi gli studi, della durata di due anni, sono stati somministrati 12 mg di alemtuzumab per via endovenosa per otto giorni. Il primo ciclo di trattamento con alemtuzumab è stato effettuato per 5 giorni consecutivi e il secondo per 3 giorni consecutivi, dopo 12 mesi. Interferone beta-1a è stato somministrato nel dosaggio di 44 mcg per iniezione sottocutanea 3 volte alla settimana, ogni settimana, per i 2 anni previsti dallo studio. Nello studio CARE-MS II, un terzo gruppo di pazienti è stato trattato con 24 mg (n=170) di alemtuzumab con lo stesso schema di somministrazione dei pazienti trattati con 12 mg (n=426) di alemtuzumab.
I pazienti devono essere informati sulle più frequenti reazioni avverse associate alla somministrazione di interferone beta, inclusi i sintomi della sindrome si mil-influenzale (vedere paragrafo 4.8). Questi sintomi sono più evidenti all’inizio della terapia e diminuiscono in frequenza e gravità con il proseguire del trattamento. Rebif deve essere somministrato con cautela ai pazienti con disturbi depressivi pregressi o in corso ed in particolare a quelli con precedenti ideazioni suicide (vedere paragrafo 4.3). È noto che depressione e ideazioni suicide sono presenti con maggior frequenza nella popolazione dei malati di sclerosi multipla ed in associazione con l’uso dell’interferone. I pazienti in trattamento con Rebif devono essere avvisati di riferire immediatamente al loro medico l’eventuale comparsa di sintomi depressivi o ideazioni suicide. I pazienti affetti da depressione devono essere tenuti sotto stretto controllo medico durante la terapia con Rebif e trattati in modo approp...
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