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Stamina: la lettera di Monia malata da 19 anni di sclerosi multipla

Articolo del 4 dicembre 2013 preso da www.agenparl.it



(AGENPARL) - Roma, 04 dic - Mi chiamo Monia e sono malata di sclerosi multipla con una severa atassia cerebrale ormai da quasi 19 anni. Le mie condizioni peggiorano con il passare del tempo, non esiste nessuna terapia che possa arrestare la malattia tantomeno migliorare minimamente la mia situazione o anche solo fermarla. Non sono più autosufficiente e la mia vita dipende esclusivamente dagli altri; sono costretta ogni giorno a convivere con i vari sintomi che questa "maledetta" mi regala, non sto qui ad elencarli, ma vi assicuro che ne sono tanti, troppi e pesanti. Ogni giorno che passa, la speranza di poter vivere una vita dignitosa svanisce sempre più e svanisce la "mia" voglia di lottare. Ho saputo che in Italia esiste un articolo, precisamente l'articolo 32 della Costituzione italiana che tutela la salute di noi cittadini: "La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti". Ho saputo che in Italia esiste una legge, la cosiddetta Turco­Fazio, che permette ai malati gravi, senza alternative di cura, di accedere alle cosiddette "cure compassionevoli", cioè di utilizzare farmaci al di fuori di qualsiasi sperimentazione e non ancora in uso dal Sistema Sanitario Nazionale. Ebbene, quando queste cure te le nega un Ospedale, come sono state negate a me, è possibile ricorrere ad un giudice che fa rispettare il tuo diritto alla salute e alle cure. Purtroppo ho provato sulla mia pelle che in Italia non tutti i malati sono uguali, che a parità di condizioni gravi di salute, in una città vieni ammesso alle cure compassionevoli mentre in un'altra no. Ho presentato quel ricorso presso il Tribunale di Rimini per accedere alla cura che impiega cellule staminali mesenchimali e che ha prodotto miglioramenti oggettivi su svariati pazienti affetti da patologie gravissime. Questa cura, secondo una metodica precisa, è stata ed è impiegata da due anni presso un ospedale pubblico italiano, gli Spedali Civili di Brescia. Ho avuto dal Tribunale di Rimini un primo provvedimento che, in via d’urgenza, accoglieva la mia richiesta ed ordinava alla azienda ospedaliera degli Spedali Civili di Brescia la somministrazione delle cellule, ma, in data 16 ottobre, è stata disposta la revoca di tale provvedimento. Per quello che ho letto io stessa, il giudice avrebbe revocato il provvedimento d'urgenza “per i potenziali rischi” che può avere quella che definisce una “non cura” ed allora ho saputo che fino ad oggi, evidentemente, in un ospedale pubblico italiano (gli spedali civili di Brescia appunto), si è permesso la somministrazione di una “non cura”, pericolosa per la vita dei pazienti che invece hanno ottenuto dei miglioramenti certificati. Alla luce di tutto questo, sono qui a chiederVi, “ma voi, lo sapete perché io non ho il DIRITTO ad avere la speranza ­ se non di guarire o di migliorare ­ anche solo di contenere la progressione della malattia che ogni giorno diventa più devastante?” Non voglio negarmi questa possibilità; io purtroppo non ho altre alternative se non questa. Da un po di tempo rieccheggia nella mia testa la frase detta da Papa Francesco : "Non fatevi rubare la speranza", allora vi prego non toglietemi la speranza, la speranza di continuare a vivere in maniera dignitosa. Forse quello che chiedo non cambierà la mia situazione, ma io voglio provarci e, quindi, PER ADESSO NON MI ARRENDO ed ho presentato reclamo contro il provvedimento emesso dal Tribunale di Rimini che mi ha negato la cura, perché c’è una legge dello stato che deve applicarsi a tutti, anche a me.

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