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Sclerosi Multipla e CCSVI: a proposito di muscolo omoioideo (Dr. P.M. Bavera)

Articoo del 25 novembre 2013 preso da mediterranews.org


Nell’ultimo anno la corsa contro la causa che provoca la CCSVI si è concentrata sull’interruzione del muscolo omoioideo.
Stanno uscendo articoli che riguardano questo problema e che conducono a risultati ottimistici.
Quello che mi preoccupa semmai, è la corsa sfrenata nel volersi far recidere un muscolo del collo senza forse conoscere le possibili conseguenze.
Da ottobre 2012 ho iniziato a valutare la presenza di questo possibile “intrappolamento” muscolo tendineo causato dal muscolo omoioideo sulla vena giugulare interna. Nelle mie attuali percentuali, su poco più di 100 pazienti selezionati, il problema appare presente tra 15 e 20% dei casi.
Ora è bene sapere che ogni intervento cruento, come in questo caso per la CCSVI, andrebbe prima finalizzato verso uno scopo ma soprattutto interpretato nella sua causa.

Perché la vena è compressa da questo muscolo? Perché sacrificarlo a priori? Perché è presente la compressione in alcuni Pazienti mentre in altri no? Quali potrebbero essere le conseguenze di questo intervento? A cosa serve questo muscolo?

Andiamo per ordine e cerchiamo di capire: il muscolo omoioideo è un muscolo lungo e sottile composto da ventri superiori e inferiori ed un tendine intermedio, che corre obliquamente nella regione cervicale laterale. L’omoioideo è importante nella dissezione del collo, perché è il punto di riferimento chirurgico per trattare le metastasi linfonodali di III e IV livello. Il suo sacrificio in questo caso è mirato per procedure legate a terapie oncologiche. A queste procedure spesso è sacrificato anche il sistema venoso circostante. Ho recentemente parlato con Colleghi vascolari che spesso sono chiamati a partecipare a questi tipi di interventi demolitivi e mi hanno confermato che tecnicamente l’interruzione del muscolo non è particolarmente impegnativo. Ma questi sono anche pazienti con altre problematiche e purtroppo aspettative di vita differenti.

Allora, cosa c’entra questo muscolo con la CCSVI? A mio parere poco o solo marginalmente.

La CCSVI nasce da un problema EMODINAMICO, cioè da quello che si è sempre detto: una anomalia del ritorno venoso. Anomalia dovuta a vene piccole o persino mancanti o da un insieme di anomalie valvolari e conseguenti reflussi e quindi stasi venose. Pertanto non si deve perdere di vista il problema emodinamico che è e rimane il punto da risolvere. Prima lo si identifica meglio è. Qui il muscolo c’entra poco o nulla.

L’intrappolamento muscolo tendineo è SECONDARIO ad un problema fondamentalmente posturale! Nei malati con le forme progressive, quelli che camminano facendo sforzi tremendi per mantenere l’equilibrio, che usano ausili quali stampelle e deambulatori, possiamo capire la compressione estrinseca al vaso. Sono malati che camminano con il collo in tensione, ma che stanno in tensione anche per stare seduti, hanno un “collo di tartaruga”. La causa pertanto è meccanica ma è soprattutto posturale. Una volta reciso il muscolo si dovrebbe proseguire a grandi e veloci passi nel correggere quanto prima anche la postura altrimenti il rischio sarebbe di mettere sotto stress qualche altro muscolo che, a sua volta, andrebbe a comprimere. Insomma un effetto domino non certo simpatico e, soprattutto, non sarebbe certamente possibile recidere muscoli all’infinito.

L’idea di altri Colleghi di eventualmente provare a “neutralizzare” la tensione del muscolo omoioideo non andrebbe scartata a priori, avrebbe persino un senso per esempio dopo una eventuale angioplastica o “correzione emodinamica del vaso” in quanto verrebbe inibita la compressione meccanica da errata postura.
Quanti sono quei casi dove il Paziente trattato è stato benissimo per alcuni giorni ma poi ripiombato nella condizione antecedente? Questa situazione si è verificata soprattutto nelle forme di malattia “progressiva”, cioè dove la postura è già stata intaccata per mantenere, e con fatica, l’equilibrio, la postura.

La riabilitazione motoria andrebbe impostata subito dopo una eventuale procedura emodinamica dove si potrebbe associare una temporanea “neutralizzazione” del muscolo. L’infiltrazione locale con botulino non andrebbe esclusa a priori ma valutata di volta in volta con un Collega esperto in questo genere di terapia.
Comunque, dopo essermi consultato con esperti che infiltrano botulino nella loro professione quotidiana, anche qui i rischi non sono da meno. Il muscolo omoioideo non è facilmente infiltrabile e la procedura potrebbe inoltre causare complicanze di disfagia e quindi potenziali rischi alla deglutizione, con tutte le varie conseguenze.

Perché questo mio breve intervento?
Presto detto: come chirurgo ho il dovere di avvertire che ciò che viene reciso, tagliato, interrotto, non potrà più essere ricostruito. Inoltre, dove c’è una cicatrice si può poi avere una retrazione cicatriziale che potrebbe dare gli stessi effetti che hanno portato alla decisione di incidere.
Le infiltrazioni botuliniche a loro volta non sembrano del tutto prive di qualche rischio e quindi si deve mettere in guardia il paziente.

Ci vorrebbero delle regole, cioè studi regolarizzati da un protocollo e sotto osservazione costante, ed interventi effettuati in condizione di ricovero abbinato ad un programma di riabilitazione motoria e posturale.

Insomma, il problema sicuramente va valutato e soppesato di volta in volta, ricordando che come sempre vige la regola del buon senso.

Dr. Pietro Maria Bavera
Specialista Chirurgo Vascolare

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