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Sclerosi Multipla: l'ipossia, un fattore alla base delle lesioni

Articolo del 10 aprile 2013 preso da www.ccsviitalia.org

di Matteo Scibilia



Ci sono abbastanza prove per per prendere seriamente in considerazione la possibilità che l'ipoperfusione sia un fattore scatenante per le lesioni della sclerosi multipla.
Il dr. Bernhard H. J. Juurlink è un biologo cellulare, che ha cominciato a ragionare sulla SM, dopo aver partecipato ad una conferenza organizzata il 10 settembre 2011, a Sidney, BC, Canada dalla National CCSVI Society dal titolo "Nuove scoperte: Nuovi inizi", essendosi reso conto come esista una vasta ricerca sul ruolo dell'ipoperfusione della sostanza bianca dei pazienti con sclerosi multipla.
Il risultato è stata questa revisione pubblicata il 12 Marzo 2013 su Multiple Sclerosis International. [1]
Lo studio assume una maggiore importanza se consideriamo che l'Autore dichiara di non avere alcun conflitto di interessi.
Invito a leggere tutto l'articolo, perchè mi sembra il migliore scritto sino a questo momento sul ruolo della ipo-perfusione alla base della Sclerosi Multipla, e quindi della importanza della CCSVI.

Introduzione
La sclerosi multipla (SM) è una malattia complessa cui partecipano sia fattori ambientali che genetici. La maggior parte degli attuali approcci terapeutici nel trattamento della SM è basata sull'ipotesi che si tratti essenzialmente di regolazione immunitaria. Questo, tuttavia, non tiene conto del fatto che la prima caratteristica identificabile di SM è una rottura nella barriera ematoencefalica (BBB) e che questo può verificarsi anche nella retina, un sito che non contiene mielina.
Nel corso degli ultimi decenni si sono accumulate considerevoli Evidenze che suggeriscono che l'attacco immunitario sulla mielina può essere conseguenza dei danni associati degli oligodendrociti e della mielina.
La domanda è: che cosa causa questi danni degli oligodendrociti? Questo articolo passa in rassegna le prove che suggeriscono che l'ipoperfusione potrebbe essere un fattore causale del danno degli oligodendrociti e della mielina, che si traduce in un attacco immunitario su queste strutture in individui predisposti geneticamente. Questo potrebbe spiegare un eventuale collegamento tra insufficienza venosa cronica cerebrospinale (CCSVI) e SM. Si discute molto se la CCSVI sia un fattore predisponente per la SM; e, a causa della domanda dei pazienti, ci sono una serie di test clinici in corso o in programma sulla venoplastica come trattamento per la SM. Se l'ipossia svolge un ruolo nella promozione dello sviluppo delle lesioni SM, quindi l'attenzione deve essere prestata alla perfusione della materia bianca come un risultato del trattamento e se i miglioramenti della perfusione trovano una corrispondenza con un miglioramento della funzione.

Modelli delle lesioni nella SM

Lucchinetti e colleghi hanno classificato le lesioni della SM in quattro modelli distinti. I primi due modelli visualizzano le tipiche lesioni perivenose demielinizzate con macrofagi attivati ​​e il coinvolgimento dei linfociti. Il terzo Modello è caratterizzato da una distrofia distale degli oligodendrociti e demielinizzazione non centrata sullo infiammazione dei vasi sanguigni. Il quarto Modello è presente solo nella sclerosi multipla progressiva primaria (SMPP) e le lesioni sono simili a quelle presenti nei primi due modelli. Gli autori suggerivano che questi modelli possono rappresentare quattro sottogruppi distinti di SM o essere fasi diverse della malattia. Questa seconda interpretazione è probabilmente quella corretta.
Barnett e Prineas hanno condotto una serie di studi sulle lesioni precoci della SM, concludendo che il modello III è caratteristico di lesioni precoci in cui si vede una precoce perdita di mielina, con poche o nessuna cellula T o B contrariamente a quanto si osserva nelle successive lesioni con demielinizzazione attiva, macrofagi attivati ​​e numerose cellule immunitarie.
Uno studio condotto da Breij et al. conclude che il modello II è caratteristico di lesioni attive demielinizzanti.
La nostra discussione si basa sulla interpretazione delle lesioni del Modello III della SM come lesioni precoci.

Le prove dell'ipossia nelle lesioni precoci della SM

L' Autore elenca una serie di fatti, che dimostrano come l'ipossia possa essere alla base dell'alterazione della Barriera Emato Encefalica (BBB), fra i quali segnalo :

la perdita di glicoproteina mielina-associata (MAG) nelle lesioni precoci e nell'adiacente apparentemente normale sostanza bianca (Normal Appearing White Matter - NAWM)

l'aumentata densità del sangue e l'aumento della proliferazione delle cellule endoteliali visto nel NAWM dei pazienti con SM [2]

Studi nei ratti hanno dimostrato che una riduzione del 50% del flusso sanguigno agli emisferi cerebrali si traduce in un danno della sostanza bianca con riduzione assonale. E' noto come l' oligodendroglia sia particolarmente sensibile agli insulti ischemici. Un recente studio sui topi ha dimostrato che anche una lieve ipoperfusione cronica (riduzione del flusso di sangue del 15% -25%) si traduce in rottura dell'integrità assone-mielina, con cattiva distribuzione di MAG e sovraregolazione di geni pro-infiammatori.

I principali effetti deleteri dell'ipossia sono dovuti ad una incapacità di sintetizzare abbastanza Adenosina Trifosfato (ATP) per la manutenzione della funzione cellulare. Stys e Trapp hanno proposto che il danno ipossia, scoperta nelle lesioni della sclerosi multipla, è dovuto ad una condizione di ipossia "virtuale". L'ipossia "virtuale" è un deficit di energia causata da un aumento della domanda di energia accoppiata con compromissione della capacità mitocondriale di sintetizzare ATP. Così, si può avere ipossia "virtuale" in presenza di ossigeno. Anche se una condizione di ipossia "virtuale" può contribuire ai danni, particolarmente quelli assonali, in una lesione SM, essa non può spiegare l'aumento dei livelli proteici HIF1α e l'associato aumento dell'espressione di geni HIF-inducibili.

Tutte le prove precedenti, pur essendo indirette, sono congruenti con l'ipotesi che l'ipossia, ipossia e non solo "virtuale", svolge un ruolo causale nella prima formazione di lesioni SM. Ci sono prove dirette?
Molti studi, utilizzando la RM, hanno trovato una riduzione di circa il 50%, o più del flusso sanguigno attraverso la NAWM di pazienti SM.
Inoltre, la probabilità di sviluppare lesioni della SM è maggiore nella NAWM con i più bassi tassi di perfusione. Si potrebbe sostenere che nella SM grandi aree di sostanza bianca potrebbero non funzionare correttamente, aree rappresentate da quelle soggette a riduzione del flusso sanguigno. Infatti, recensioni su aspetti vascolari della SM di De Keyser e colleghi e D'Haeseleer e colleghi dimostrano che la disfunzione negli astrociti potrebbe essere responsabile della riduzione del flusso sanguigno, e quindi... ipoperfusione. Gli astrociti svolgono un ruolo importante nella regolazione del flusso sanguigno cerebrale , ed è possibile che la disfunzione degli astrociti potrebbe causare ipoperfusione grave da provocare ipossia.

I possibili meccanismi coinvolti nell'avvio dello sviluppo delle lesioni nella SM

Quindi abbiamo abbastanza prove sul fatto che ipossia e ipoperfusione sono associati a lesioni precoci e NAWM dei pazienti affetti da SM. La questione principale è se questo è una conseguenza dello sviluppo delle lesioni SM o invece un fattore causale nello sviluppo della lesione SM.
Si può facilmente immaginare che lo sviluppo delle lesioni è preceduto da compromissione del flusso sanguigno attraverso la materia bianca. Questa alterazione può essere dovuta a riduzione del ritorno venoso, riduzione di apporto arterioso, o una combinazione di ambedue questi fattori.

Studi clinici per il trattamento dell' Insufficienza venosa cronica cerebrospinale (CCSVI)

Se la CCSVI gioca un ruolo nella SM o non è ancora controverso; tuttavia, ci sono una serie di studi clinici in corso per verificare i risultati ell'angioplastica nei pazienti con SM con CCSVI. Se questi studi non sono adeguatamente condotti, tutte le informazioni che potrebbero essere importanti per la comprensione della SM non potranno essere raccolte. Fondamentale è la capacità di diagnosticare con precisione la CCSVI. Il Doppler è molto operatore dipendente e questo può spiegare le grandi differenze nell'incidenza CCSVI riscontrate tra i vari studi. Forse potrebbe essere utilizzato il protocollo RM utilizzato nel recente studio di Haacke e colleghi.

Le prove aneddotiche di pazienti suggeriscono che l'angioplastica migliora l'outcome funzionale solo in un sottogruppo di pazienti e può peggiorare i sintomi in una percentuale molto piccola di pazienti. Se studi clinici in cieco e controllati con placebo dovessero indicare che vi è un significativo miglioramento funzionale nei pazienti, o in un sottoinsieme di pazienti, allora diventa molto importante determinare se la portata del risultato del miglioramento funzionale è correlata con una migliorata perfusione. Se gli studi clinici dimostrano che l'entità del recupero funzionale in seguito ad angioplastica in pazienti CCSVI è direttamente correlata alla ripresa della perfusione nella materia bianca, poi si potrebbe mirare a promuovere la perfusione nei pazienti con SM che non presentano le caratteristiche della CCSVI dove il problema perfusione potrebbe invece dipendere da perturbazioni arteriose.
Osservazioni conclusive

Il punto di vista dominante sulla SM in questi ultimi decenni è che la SM è una malattia autoimmune causata principalmente da una disfunzione immunitaria. Questo è stato molto influenzato da modelli animali sperimentali di encefalomielite allergizzanti. I trattamenti per la SM sono principalmente orientati verso la modulazione immunitaria. L' immunoterapia con interferone beta-1 è uno dei più antichi trattamenti immunomodulanti. Sebbene la somministrazione di interferone beta porti ad un minor numero di lesioni rilevabili alla RM e ad un minor numero di recidive, il trattamento con interferone beta-1 non ha alcun effetto sulla progressione della disabilità, né nelle forma recidivante-remittente, né in quella secondariamente progressiva. Nonostante questo, molti ricercatori e clinici hanno difficoltà a considerare la possibilità che la risposta immunitaria vista nella SM possa essere secondaria a qualche cambiamento nel SNC.

Fino a quando il dottor Zamboni ha pubblicato le sue idee sul rapporto tra CCSVI e SM, la ricerca era concentrata sulla SM vista come una malattia autoimmune e c'era poca conoscenza sul coinvolgimento del sistema vascolare - in particolare le vene - nello sviluppo della lesione. Che l'ostruzione venosa possa giocare un ruolo nella lesione della SM primo è stato proposto da Putnam, che ha dimostrato che l'ostruzione venulare nei cani ha portato alla SM. Per cui, un coinvolgimento venulare primario nello sviluppo delle lesioni della SM non è un'idea nuova.

Come descritto in questo articolo, vi è abbondanza di prove che l'ipossia è associata a lesioni del modello III. Se l'ipossia è una conseguenza del processo di malattia o svolge un ruolo causale è ancora da determinare, ma è concepibile che l'ipossia può giocare un ruolo causale. Una ragionevole interpretazione delle lesioni modello III è che sono lesioni precoci.
L'ipossia può spiegare la rottura della BBB e i danni iniziali di oligodendrociti / mielina.
Che le lesioni modello III non sono perivenose, mentre le lesioni ben consolidate sono perivenose è probabilmente spiegato dal fatto che le cellule immunitarie migrano dal sangue al parenchima attraverso venule postcapillari; dove poi, incontrando la mielina danneggiata, sferrano un attacco immunitario con conseguente creazione di lesioni demielinizzanti perivenose.
La prova è sufficiente per prendere seriamente in considerazione la possibilità che l'ipoperfusione è un fattore scatenante per le lesioni della sclerosi multipla e di valutare se i miglioramenti nella perfusione della materia bianca sono correlati con il miglioramento dei risultati funzionali.


Vedi anche questo studio recente Cerebral hypoperfusion in multiple sclerosis is reversible and mediated by endothelin-1 sul ruolo di un potente vasocostrittore, la endotelina.
La riduzione del flusso sanguigno cerebrale (CBF) può contribuire alla patologia della sclerosi multipla (MS), ma il meccanismo sottostante è sconosciuto. Abbiamo studiato se è coinvolto il potente vasocostrittore endotelina-1 (ET-1). Abbiamo scoperto che, rispetto ai controlli, nei pazienti con SM i livelli ET-1 sono significativamente elevati nei sangue prelevato dalla vena giugulare interna e da una vena periferica. Il rapporto vena giugulare / vena periferica è stato di 1,4 nei pazienti con SM contro 1,1 nei soggetti di controllo, suggerendo che, nella SM, ET-1 viene rilasciato dal cervello nella circolazione cerebrale. Successivamente, abbiamo effettuato una immunoistochimica ET-1 su campioni della sostanza bianca del cervello post-mortem e abbiamo scoperto che la probabile fonte di rilascio di ET-1 sono gli astrociti reattivi nelle placche della SM. Abbiamo poi utilizzato la risonanza magnetica per misurare in maniera non invasiva il CBF e valutare l'effetto della somministrazione del bosentan ET-1-antagonista. Il CBF, che era significativamente più basso nei pazienti con sclerosi multipla rispetto ai soggetti di controllo, è aumentato dopo la somministrazione di bosentan.
Questi dati dimostrano che la riduzione del Flusso Sanguigno Cerebrale nella SM è mediata da ET-1, che è probabilmente rilasciato nella circolazione cerebrale da astrociti reattivi delle ​​placche. Ripristinare il flusso potrebbe essere oggetto di ulteriori indagini come un potenziale nuovo bersaglio terapeutico per la SM.



The Evidence for Hypoperfusion as a Factor in Multiple Sclerosis Lesion Development

"La sclerosi multipla (SM) è principalmente considerata una malattia infiammatoria demielinizzante, tuttavia il ruolo della vascolarizzazione nella patogenesi della SM sta ricevendo molto interesse. Le lesioni nella SM spesso si sviluppano lungo i vasi sanguigni e caratteristiche patologiche sono alterazioni nella struttura della barriera emato-encefalica. Tuttavia, la possibilità di angiogenesi della SM ha ricevuto scarsa attenzione. In questo studio abbiamo indagato la densità dei vasi sanguigni e la proliferazione delle cellule endoteliali in campioni SM (n = 39) rispetto al tessuto di controllo per esplorare evidenza di angiogenesi nella SM. I risultati hanno dimostrato che in tutti i campioni SM esaminati la densità del vaso sanguigno è superiore rispetto ai controlli.. Questi risultati suggeriscono che l'angiogenesi può giocare un ruolo nella progressione della lesione, nel fallimento della riparazione de danno e conseguente formazione di cicatrici."
Increased blood vessel density and endothelial cell proliferation in multiple sclerosis cerebral white matter



Abstract

The evidence that hypoxia is a precipitating factor in causing early MS lesions includes increased protein levels of hypoxia-inducible factor-1α; presence of the D-110 hypoxia-inducible protein; increased expression of hypoxia-inducible genes in lesions as well as in adjacent normal-appearing white matter (NAWM); loss of myelin-associated glycoprotein in myelin of early MS lesions; a 50% reduction of blood flow through NAWM with areas of lowest blood flow having the greatest probability of lesion development. Why MS-like lesions develop following hypoxemic insults in some individuals but not in others is likely dependent upon the presence of immune predisposing factors that are governed genetically. Hypoperfusion may be due to decreased arterial supply, restricted venous return, or a combination of these. There are clinical trials ongoing or planned to treat chronic cerebrospinal venous insufficiency (CCSVI) through angioplasty. I suggest that it is important that clinical trials addressing vascular issues in MS should examine how the vascular intervention affects white matter perfusion and determine whether the extent of perfusion recovery and maintenance of this recovery is related to functional recovery and maintenance of functional recovery. Consideration should also be given to the possibility of arterial problems playing a role in hypoperfusion in some MS patients.
1. Introduction

Multiple sclerosis (MS) is a complex disease with both environmental and genetic factors playing a role in the disease [1]. Most of the current therapeutic approaches in treating MS are based upon the thinking that the primary disorder is in immune regulation [2]. This, however, does not take into account that the first identifiable feature of MS is a breakdown in the blood-brain barrier (BBB) and that this can also occur in the retina [3], a site that does not contain myelin. Considerable evidence has accumulated over the past few decades suggesting that the immune attack on myelin may be secondary to damage of oligodendrocytes and associated myelin [4, 5]. The question is what causes this oligodendrocyte damage? This paper reviews the evidences that suggest that hypoperfusion might be a causal factor in oligodendrocyte and myelin damage that results in a frank immune attack on these structures in individuals with specific genetic backgrounds. This might explain a possible linkage between chronic cerebrospinal venous insufficiency (CCSVI) and MS [6]. There is considerable controversy whether CCSVI is a predisposing factor for MS; nevertheless, due to patient demand, there are a number of clinical trials underway, or planned, involving venous angioplasty as a treatment for MS. If hypoxia plays a role in promoting MS lesion development, then attention needs to be paid to white matter perfusion as an outcome of treatment and whether improvements in perfusion correlate with improvements in function.
2. Lesion Patterns in MS

Lucchinetti and colleagues classified MS lesions into four distinct patterns [7]. Patterns I and II displayed the typical perivenous demyelinated lesions with activated macrophages and lymphocyte involvement. Pattern III was characterized by a distal oligodendrocyte dystrophy with myelin-associated glycoprotein (MAG) loss and oligodendrocyte apoptosis and demyelination not centred on inflamed blood vessels. Pattern IV lesions were present only in primary progressive MS and the lesions resembled those present in pattern I and II. The authors suggested that these patterns might represent four distinct subgroups of MS or represent distinct stages of the disease. This latter interpretation is likely the correct one. Barnett and Prineas have conducted a series of studies on early MS lesions and conclude that pattern III is characteristic of early lesions where one sees early myelin loss with few or no parenchymal T and B cells whereas it is in later lesions where one sees active demyelination, activated macrophages and numerous immune cells [810]. A study by Breij et al. concludes that pattern II is characteristic of active demyelinating lesions [11]. The remaining discussion in this paper is based upon interpreting pattern III MS lesions as being early lesions.
3. Evidence for Hypoxia in Early MS Lesions

An indication of CNS damage is the loss of myelin-associated glycoprotein (MAG) from the inner myelin membranes in early lesions and adjacent apparently normal appearing white matter (NAWM) of MS patients [12]. MAG loss is also seen following ischemic insults such as stroke [12] suggesting that ischemia is a causal factor in MAG degradation. MAG loss in early MS lesions and adjacent white matter as well as following stroke is coincident with nuclear presence of hypoxia-inducible factor-1α (HIF1α) [12]. HIF1α protein levels increase with decreasing oxygen tension [13], hence, suggesting that MAG loss may be directly related to hypoxia. A hypoxia-inducible protein recognized by the monoclonal antibody D-110 is also seen in pattern III MS lesions and adjacent NAWM [14, 15]. As HIF1α protein levels increase, it partners with HIF1β and translocates to the nucleus where the heterodimer binds to hypoxia-inducible promoter elements promoting expression of hypoxia-inducible genes such as vascular endothelial cell factor [16]. Increased levels of transcripts for HIF1-inducible genes such as glucose transporter-3 as well as vascular endothelial growth factor and its receptor-1 are seen in NAWM adjacent to MS lesions [17]. Also congruent with hypoxia is increased blood vessel density and increased endothelial cell proliferation seen in NAWM of MS patients [18].

The redox changes associated with hypoxia can also cause endoplasmic reticulum (ER) stress [19]. The ER stress-associated proteins such as C/EPB homologous protein and glucose-regulated protein-78 (also known as BiP) are seen in early demyelinating lesions as well as in adjacent nonlesion white matter [15,20]. Finally, hypoxia also increases the permeability of the BBB [21], likely in response to vascular endothelial growth factor, and causes expression of pro-inflammatory genes in endothelium [22], likely through activation of nuclear factor kappa B (NFκB), thereby promoting expression of pro-inflammatory genes [16]. This suggests the possibility that hypoxia may be responsible for BBB alterations seen in MS. ER stress protein expression and alterations in the BBB do not necessarily indicate hypoxia but are fully congruent with the presence of hypoxia. Furthermore, studies in rats have shown that reductions in blood flow to the cerebral hemispheres by 50% results in white matter damage with axon sparing [23]. Oligodendroglia are known to be especially susceptible to ischemic insults [24,25]. A recent study in mice has demonstrated that even mild chronic hypoperfusion (blood flow reduction of 15%–25%) results in disruption of axon-myelin integrity with maldistribution of MAG as well as upregulation of pro-inflammatory genes [26].

The major deleterious effects of hypoxia are due to an inability to synthesize enough ATP for maintenance of cellular function. Stys and Trapp [27, 28] have proposed that the hypoxia-like damage found in MS lesions is due to a condition of “virtual” hypoxia. The “virtual” hypoxia is an energy deficit caused by increased energy demand coupled with impaired mitochondrial ability to synthesize ATP. Thus, one can have “virtual” hypoxia in the presence of oxygen. Although a condition of “virtual” hypoxia may contribute to damage, particularly axonal damage, in an MS lesion, it cannot account for increased HIF1α protein levels and associated increase in expression of HIF-inducible genes. HIF1αprotein is constantly being synthesized and under normal oxygen tension two proline residues within the oxygen-dependent degradation domain are hydroxylated by prolyl hydroxylases [13]. The hydroxylated proline residues interact with the von Hippel-Lindau tumour suppressor protein allowing polyubiquination and subsequent degradation via the 26S proteasome complex. As oxygen levels become lower, the hydroxylation of proline residues becomes less efficient and increases the half-life of HIF1α protein enabling it to heterodimerize with HIF1β protein, thus allowing translocation of the heterodimer to the nucleus where it binds to hypoxia-inducible elements. Thus, “virtual” hypoxia cannot account for the increased HIF1α protein levels seen in and around MS lesions, nor the D-110 antigen.

All the previous evidence, despite being indirect, is congruent with the hypothesis that hypoxia, and not just “virtual” hypoxia, plays a causal role in early MS lesion formation. Is there direct evidence? Many studies, using magnetic resonance imaging approaches, have found an impairment of about 50%, or more, of blood flow through NAWM of MS patients [2934]. Furthermore, the probability of developing MS lesions is greater in NAWM with the lowest perfusion rates [34]. One could argue that in MS, large areas of white matter may not function normally, thereby accounting for the reduced blood flow. Indeed, reviews on vascular aspects of MS by De Keyser and colleagues [35] and D’haeseleer and colleagues [36] present evidence of dysfunction in astrocytes that could account for reduced blood flow, thus accounting for hypoperfusion. Astrocytes play important roles in regulating cerebral blood flow [37], and it is possible that dysfunction of astrocytes could result in hypoperfusion severe enough to result in hypoxia. Saindane and colleagues in an MRI study of remitting-relapsing MS patients and control subjects conclude, based on the correlation between decreased white matter perfusion and decreased mean diffusivity with no changes in fractional anisotropy (indicative of no structural changes), that reduced NAWM blood flow is a primary event and not due to decreased tissue metabolism [38]. It is possible, however, that functional impairments of astrocyte-mediated regulation of blood flow need not necessarily give rise to structural changes that can be detected using MRI.
4. Possible Mechanisms Involved in Initiation of MS Lesion Development

There is now an abundance of evidence that hypoxia and hypoperfusion are associated with early lesions and NAWM of MS patients. The major question is whether this is part of the consequences of MS lesion development or a causal factor in MS lesion development. One can easily envision that lesion development is preceded by impairment of blood flow through white matter. This impairment may be due to restricted venous return, impaired arterial supply, or a combination of these factors. When flow is impaired sufficiently, it results in (1) increased levels of HIF1α and activation of NFκB expression leading to expression of hypoxia-inducible genes and pro-inflammatory genes in endothelium and neural cells; (2) breakdown of the blood-brain barrier mediated in part by the hypoxia-inducible vascular endothelial cell growth factor; (3) activation of microglia and astrocytes; (4) damage to oligodendrocytes, and so forth, as evidenced by loss of MAG and subsequent apoptosis. These changes would occur in the absence of significant leukocyte involvement as evidenced in pattern III lesions. Pro-inflammatory chemokines and cytokines expression by endothelium and glial cells activate and attract immune cells to the site of the developing lesion, while cell adhesion molecules expressed on postcapillary venules allow the leukocytes to infiltrate the incipient lesion where they encounter myelin breakdown products resulting in frank immune attack. One possible concern with this schema is that hypoperfusion and subsequent oligodendrocyte/myelin damage and expression of pro-inflammatory genes in the sites affected following a stroke do not result in an MS-like immune attack on myelin. Clearly, there is an immune predisposition to developing MS as it is indicated that the majority of the gene variants that increase the probability of developing MS are immune-related [39, 40].
5. Clinical Trials to Treat Chronic Cerebrospinal Venous Insufficiency (CCSVI)

Zamboni and colleagues reported, using transcranial Doppler sonography, that a significant proportion of remitting-relapsing and progressive MS patients had reduced venous return in the deep middle cerebral vein with evidence of reflux [6]. Subsequently, where Doppler studies were combined with selective venography and the control group also included non-MS neurological patients, it was reported that 71% of MS patients had reflux in either the internal jugular or vertebral veins, and 61% had reflux in one of the deep cerebral veins, with 86% of the patients having a stenosis somewhere along the azygous vein and 37% of the patients having a stenosis of one or both proximal internal jugular veins [41]. These conditions were labeled as CCSVI. This was followed by a manuscript examining the safety of angioplasty on the constricted veins in MS patients and clinical improvements following angioplasty [42]. CCSVI should increase postcapillary venous pressure and decrease perfusion across the capillary bed resulting in hypoxemia.

A large number of studies on CCSVI have been now reported from the Zamboni clinic as well as other clinics. Many of these studies could not demonstrate an increased incidence of CCSVI in MS, for example, the review by Baracchini and colleagues [43], whereas other studies find a greatly increased incidence of CCSVI in MS patients, for example, [44]. The differences in findings amongst different studies may be due to differing abilities to detect CCSVI.

Whether CCSVI plays a role in MS or not is still controversial; however, there are a number of clinical trials to test whether angioplasty in MS patients with CCSVI is underway or is about to be underway—see NIH Clinical Trials Registry. If these trials are not properly conducted, then all the information that could be of value to understanding MS may not be collected. What will be critical in such trials is the ability to accurately diagnose CCSVI. Doppler studies are very operator dependent and possibly account for the great differences in CCSVI incidence seen amongst the various studies. Perhaps the MRI protocol used in the recent study by Haacke and colleagues [45] that included a coronal 3D time-resolved contrast enhanced MR arteriovenography followed by transverse time-of-flight venography and 2D phase contrast MR scan for flow quantification should be used for diagnosis of CCSVI.

Anecdotal evidence from patients suggests that angioplasty improves functional outcome in only a subset of patients and may worsen symptoms in a very small proportion of patients. This observation is supported by a nonrandomized, nonblinded, and non-placebo-controlled angioplasty study of MS patients where at 1 month following treatment 68% had improvements using the Multiple Sclerosis Impact Scale-29 (MSIS-29) physical score while 6% were worse off after angioplasty [46]. If carefully controlled blinded, placebo-controlled clinical trials indicate that there is significant functional improvement in patients, or a subset of patients, then it becomes very important to determine whether the extent of improved functional outcome correlates with improved perfusion. If clinical trials demonstrate that the extent of functional recovery following angioplasty in CCSVI patients is directly related to recovery of white matter perfusion, then thoughts should be directed towards promoting perfusion in MS patients who do not exhibit the characteristics of CCSVI where the perfusion problem may be related to arterial disturbances.
6. Concluding Remarks

The dominant perspective on MS in recent decades is that MS is an autoimmune disease with the primary problem being an immune dysfunction. This has very much been influenced by experimental allergenic encephalomyelitis animal models. Treatments for MS are mainly directed towards immune modulation [47]. Interferon beta-1 immunotherapy is one of the oldest immune-modulating treatments. Although administration of interferon beta to MS patients results in fewer MRI-detectable lesions and fewer relapses, treatment with interferon beta-1 has no effect on disability progression, neither in remitting-relapsing MS [48], nor in secondary progressive MS [49]. Despite this, many researchers and clinicians have difficulty to consider the possibility that the immune response seen in MS may be secondary to some change in the CNS.

Until Dr. Zamboni published his ideas on the relationship between CCSVI and MS, most MS investigators of the past few decades, as noted earlier, focused on MS as an autoimmune disorder and had little knowledge of the historical focus of MS research on the involvement of the vasculature, particularly veins, in lesion development see review by Haacke [50]. That venous obstruction may play a role in MS lesion was first proposed by Putnam who demonstrated that venular obstruction in dogs led to MS-like lesion formation [51]. Thus, a primary venular involvement in MS lesion development is not a new idea.

As outlined in this paper, there is an abundance of evidence that hypoxia is associated with pattern III lesions. Whether hypoxia is a consequence of the disease process or plays a causal role is yet to be determined, but it is conceivable that hypoxia may play a causal role. A reasonable interpretation of pattern III lesions is that they are early lesions. Hypoxia can account for BBB breakdown and initial oligodendrocyte/myelin damage. NAWM of MS patients experiences greatly lowered blood flow and, thus, must experience a degree of hypoxia as is also suggested by increased expression of hypoxia-inducible genes. That pattern III lesions are not perivenous while well-established lesions are perivenous is likely explained by the fact that immune cells migrate from the blood to the parenchyma via postcapillary venules where they then, encountering damaged myelin, mount an immune attack resulting in the establishment frank demyelinating perivenous lesions. The evidence is sufficient to seriously consider the possibility that hypoperfusion is a precipitating factor in MS lesions and to examine whether improvements in white matter perfusion correlates with improvements of functional outcomes.
Acknowledgments

The author thanks the organizers of the National CCSVI Society’s “New Discoveries: New Beginnings” conference held on September 10, 2011, in Sidney, BC, Canada, for their invitation to participate. He had not thought in any depth on multiple sclerosis for some time, and at this meeting he became aware of the extensive clinical research indicating hypoperfusion in normal-appearing white matter of multiple sclerosis patients. This has caused him to reflect again on multiple sclerosis and CNS perfusion. He has no conflict of interests to declare.

Source: www.hindawi.com

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