Articolo del 7 gennaio 2013 preso da www.associazionelucacoscioni.it
Come noto la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità ha forza vincolante in Italia da circa 4 anni quando è diventata Legge, la n. 18 del 3 marzo 2009. La Convenzione medesima, oltre a dettare principi cui gli Stati dovranno attenersi nel settore, prevede anche l’obbligo specifico di rivedere ed aggiornare le normative pregresse sulla disabilità. Dal “Programma di azione biennale (2012-2015) per la promozione dei diritti e l’integrazione delle persone con disabilità” redatto dell'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilita' e reso ufficiale il 28 dicembre 2013 risulta, invece, un totale disallineamento alla Convenzione ONU del nostro quadro di riferimento frutto di successive caotiche e, talvolta contraddittorie, stratificazioni normative. Né le azione correttive proposte nel Programma hanno la capacità di ricondurre la nostra normativa sulla disabilità ad un minino di organicità derivante dall’obiettivo dalla Convenzione volto garantire alle persone con disabilità i diritti fondamentali secondo il criterio delle pari opportunità con i non disabili. Per fare un esempio il Programma ipotizza generiche azioni amministrative per recepire nel nostro ordinamento il concetto di disabilità definita dalla Convenzione, come condizione non solo da imputarsi alle più svariate menomazioni che possono colpire le persone, ma come interrelazione tra le menomazioni delle persone ed i contesti sociali dove vivono ed operano. Né il Programma tiene conto che questa concezione della disabilità incide sull’attuale sistema o, meglio, a-sistema, di Welfare per la disabilità. Infatti l’adeguamento dei contesti dove interagiscono le persone con disabilità ne diminuisce lo svantaggio e quindi riduce anche la spesa sostenuta dagli Stati a titolo di parziale indennizzo sociale dello svantaggio subito, realizzando anche un riallocazione della risorse dedicandole a favore delle persone con gravi menomazioni, ovvero una riqualificazione della spesa da fondo perduto ad investimenti per garantire l’accessibilità che dispiegano i propri benefici nel tempo a favore di tutti, pensiamo alla terza età. Invece il Programma, tratta il tema dell’accessibilità in modo del tutto avulso dal suddetto aspetto e quindi le azione prospettate sono generiche ed anodine.
Il fatto che il Paese non ha preso alcun provvedimento rilevante in esecuzione della Convenzione ONU a quasi 4 anni dal suo recepimento risulta evidente anche dal primo Report sullo stato di attuazione della Convenzione, inviato dall’Italia all’ONU nel 2012. Purtroppo la solo attività dell’Esecutivo attinente, sia pure indirettamente, alla Convenzione rimane quella per l’istituzione del pletorico carrozzone dell'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilita', che l’attuale Governo, ritendo evidentemente apprezzabile sia la stesura del Programma sia il primo Report, ha recentemente rinnovato per altri tre anni.
Come noto la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità ha forza vincolante in Italia da circa 4 anni quando è diventata Legge, la n. 18 del 3 marzo 2009. La Convenzione medesima, oltre a dettare principi cui gli Stati dovranno attenersi nel settore, prevede anche l’obbligo specifico di rivedere ed aggiornare le normative pregresse sulla disabilità. Dal “Programma di azione biennale (2012-2015) per la promozione dei diritti e l’integrazione delle persone con disabilità” redatto dell'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilita' e reso ufficiale il 28 dicembre 2013 risulta, invece, un totale disallineamento alla Convenzione ONU del nostro quadro di riferimento frutto di successive caotiche e, talvolta contraddittorie, stratificazioni normative. Né le azione correttive proposte nel Programma hanno la capacità di ricondurre la nostra normativa sulla disabilità ad un minino di organicità derivante dall’obiettivo dalla Convenzione volto garantire alle persone con disabilità i diritti fondamentali secondo il criterio delle pari opportunità con i non disabili. Per fare un esempio il Programma ipotizza generiche azioni amministrative per recepire nel nostro ordinamento il concetto di disabilità definita dalla Convenzione, come condizione non solo da imputarsi alle più svariate menomazioni che possono colpire le persone, ma come interrelazione tra le menomazioni delle persone ed i contesti sociali dove vivono ed operano. Né il Programma tiene conto che questa concezione della disabilità incide sull’attuale sistema o, meglio, a-sistema, di Welfare per la disabilità. Infatti l’adeguamento dei contesti dove interagiscono le persone con disabilità ne diminuisce lo svantaggio e quindi riduce anche la spesa sostenuta dagli Stati a titolo di parziale indennizzo sociale dello svantaggio subito, realizzando anche un riallocazione della risorse dedicandole a favore delle persone con gravi menomazioni, ovvero una riqualificazione della spesa da fondo perduto ad investimenti per garantire l’accessibilità che dispiegano i propri benefici nel tempo a favore di tutti, pensiamo alla terza età. Invece il Programma, tratta il tema dell’accessibilità in modo del tutto avulso dal suddetto aspetto e quindi le azione prospettate sono generiche ed anodine.
Il fatto che il Paese non ha preso alcun provvedimento rilevante in esecuzione della Convenzione ONU a quasi 4 anni dal suo recepimento risulta evidente anche dal primo Report sullo stato di attuazione della Convenzione, inviato dall’Italia all’ONU nel 2012. Purtroppo la solo attività dell’Esecutivo attinente, sia pure indirettamente, alla Convenzione rimane quella per l’istituzione del pletorico carrozzone dell'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilita', che l’attuale Governo, ritendo evidentemente apprezzabile sia la stesura del Programma sia il primo Report, ha recentemente rinnovato per altri tre anni.
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